di Flore Murard-Yovanovitch | tutti gli articoli dell'autore
Perché un’immane strage di 300.000 civili, come quella causata dalle bombe atomiche su Hiroshima e Nagasaki in un Giappone che aveva già deciso di arrendersi, non è comunemente considerata un «genocidio»? E il Presidente Truman non visto come assassino di massa al pari di Hitler, Stalin, Mao o Pol Pot?
È con questa domanda provocatoria che Daniel J. Goldhagen, storico di fama mondiale e già autore del controverso bestseller I volenterosi carnefici di Hitler (1996), apre uno dei più esaustivi e potenti saggi sugli eccidi di massa del 20° secolo: Peggio della guerra. Lo sterminio di massa nella storia dell’umanità. Gli stermini di massa avrebbero causato approssimativamente tra i 127 e i 175 milioni di vittime (se si tiene conto anche delle carestie organizzate): più dei caduti delle due guerre mondiali. Tanto per cominciare.
ESSERI UMANI CONTRO Così arriva subito la domanda di tutti i tempi: perché degli esseri umani scelgono di eliminare altri esseri umani, compresi donne e bambini? Lo storico americano si addentra negli agghiaccianti meccanismi degli eccidi di armeni, curdi, maumau, maya, bosniaci musulmani e di tutti coloro che Stalin, Mao o gli Khmer rossi hanno considerato dissidenti... E svela le numerose tecniche, oltre alla «soluzione finale», per eliminare, anche a lungo termine, altri gruppi con conversioni forzate, marce della morte, campi e Gulag, purghe, sterilizzazioni e stupri di massa....
Se l’Olocausto è stato il genocidio per antonomasia - per l’entità dell’annientamento totale degli ebrei e senza precedenti nella Storia - Goldhagen ritiene che stragi di massa di minore portata hanno avuto meccanismi non molto diversi. Prendendo in contropiede la storiografia ufficiale, lo studioso vede nell’«eliminazionismo» una costante buia della Storia.
BASTANO I MACHETE E non è la «modernità» (tecnologia, burocrazia e camere a gas), come diffusamente ritenuto, ad aver permesso ciascun genocidio: «Stentavamo a capire che bastavano machete», come confessa l’ex-segretario dell’ONU Boutros-Ghali nel caso del mancato riconoscimento del colossale eccidio di massa ruandese. Né pseudo cause socio-strutturali, come dimostra il caso del Sudafrica, dove anni di Apartheid non sfociarono, all’ascesa dei «neri» al potere, in un attacco contro i «bianchi», bensì nella strada della riconciliazione. Né tantomeno una presunta natura umana «barbarica», che si presumerebbe annidata in tutti noi e che farebbe di tutti noi potenziali massacratori.
Goldhagen dimostra invece che l’avvio di un genocidio è sempre una «strategia» politica per la redistribuzione del potere, un «programma di morte» pianificato a tavolino. Ben lontano dall'essere sfogo o esplosione di follia improvvisa, è una scelta consapevole: «razionale».
CALCOLO RAZIONALE Questa nuova e radicale lettura dello sterminio come «calcolo politico lucido» è uno degli aspetti più interessanti di questo saggio che, dati alla mano, confuta e spazza via false quanto radicate idee comuni sula presunta «irrazionalità» delle aggressioni sterminazioniste.
A giocare un ruolo scatenante fondamentale sono infatti le visioni dei carnefici circa una presunta «nocività» delle potenziali vittime: in primis l’ideologia malata che fa dell’altro un morbo da «sradicare» per tornare a una presunta «purezza» (Dio, il Volk o la Nazione, ecc). I veri strumenti preparatori: i discorsi che fanno dei nemici «demoni», «sottouomini», «ratti», «serpenti», «babbuini»,«bacilli infetti» (o «pecore nere», come nel recente referendum svizzero anti-stranieri, ndA.). È il processo di «disumanizzazione» dell’altro che porta a trucidarlo: in uno dei capitoli più drammatici del libro, ex-genocidari hutu confessano che non consideravano i tutsi «esseri umani ma scarafaggi»...
TESTIMONIANZE DIRETTE I pregi di questo libro sono immensi: dalle testimonianze dirette raccolte sul campo al rigore delle fonti storiografiche; riporta alla luce stermini dimenticati, come quello del popolo herero dell’Africa sudoccidentale a opera dei coloni tedeschi o dei kikuyu dai britannici, e tanti altri per mano di coloni francesi, belgi, ecc. Senza tralasciare il razzismo che ancora oggi permea la storia «minore» dei popoli «non-bianchi». Domanda dopo domanda, Goldhagen ci porta con genialità, in una indagine che si legge senza fiato, alla radice stessa dello sterminio. E lancia un appello affinché la comunità internazionale si doti di conoscenza, capacità di anticipazione e reale volontà politica per fermare in tempo stragi in corso o latenti, che esploderanno negli anni a venire. Questo libro dovrebbe diventare un manuale per giovani e dirigenti politici, in un’Europa dove fanno la loro riapparizione discorsi xenofobi anti-migranti, espulsioni e deportazioni, che sono e sono sempre stati all'origine di una «cultura» eliminazionista.
È con questa domanda provocatoria che Daniel J. Goldhagen, storico di fama mondiale e già autore del controverso bestseller I volenterosi carnefici di Hitler (1996), apre uno dei più esaustivi e potenti saggi sugli eccidi di massa del 20° secolo: Peggio della guerra. Lo sterminio di massa nella storia dell’umanità. Gli stermini di massa avrebbero causato approssimativamente tra i 127 e i 175 milioni di vittime (se si tiene conto anche delle carestie organizzate): più dei caduti delle due guerre mondiali. Tanto per cominciare.
ESSERI UMANI CONTRO Così arriva subito la domanda di tutti i tempi: perché degli esseri umani scelgono di eliminare altri esseri umani, compresi donne e bambini? Lo storico americano si addentra negli agghiaccianti meccanismi degli eccidi di armeni, curdi, maumau, maya, bosniaci musulmani e di tutti coloro che Stalin, Mao o gli Khmer rossi hanno considerato dissidenti... E svela le numerose tecniche, oltre alla «soluzione finale», per eliminare, anche a lungo termine, altri gruppi con conversioni forzate, marce della morte, campi e Gulag, purghe, sterilizzazioni e stupri di massa....
Se l’Olocausto è stato il genocidio per antonomasia - per l’entità dell’annientamento totale degli ebrei e senza precedenti nella Storia - Goldhagen ritiene che stragi di massa di minore portata hanno avuto meccanismi non molto diversi. Prendendo in contropiede la storiografia ufficiale, lo studioso vede nell’«eliminazionismo» una costante buia della Storia.
BASTANO I MACHETE E non è la «modernità» (tecnologia, burocrazia e camere a gas), come diffusamente ritenuto, ad aver permesso ciascun genocidio: «Stentavamo a capire che bastavano machete», come confessa l’ex-segretario dell’ONU Boutros-Ghali nel caso del mancato riconoscimento del colossale eccidio di massa ruandese. Né pseudo cause socio-strutturali, come dimostra il caso del Sudafrica, dove anni di Apartheid non sfociarono, all’ascesa dei «neri» al potere, in un attacco contro i «bianchi», bensì nella strada della riconciliazione. Né tantomeno una presunta natura umana «barbarica», che si presumerebbe annidata in tutti noi e che farebbe di tutti noi potenziali massacratori.
Goldhagen dimostra invece che l’avvio di un genocidio è sempre una «strategia» politica per la redistribuzione del potere, un «programma di morte» pianificato a tavolino. Ben lontano dall'essere sfogo o esplosione di follia improvvisa, è una scelta consapevole: «razionale».
CALCOLO RAZIONALE Questa nuova e radicale lettura dello sterminio come «calcolo politico lucido» è uno degli aspetti più interessanti di questo saggio che, dati alla mano, confuta e spazza via false quanto radicate idee comuni sula presunta «irrazionalità» delle aggressioni sterminazioniste.
A giocare un ruolo scatenante fondamentale sono infatti le visioni dei carnefici circa una presunta «nocività» delle potenziali vittime: in primis l’ideologia malata che fa dell’altro un morbo da «sradicare» per tornare a una presunta «purezza» (Dio, il Volk o la Nazione, ecc). I veri strumenti preparatori: i discorsi che fanno dei nemici «demoni», «sottouomini», «ratti», «serpenti», «babbuini»,«bacilli infetti» (o «pecore nere», come nel recente referendum svizzero anti-stranieri, ndA.). È il processo di «disumanizzazione» dell’altro che porta a trucidarlo: in uno dei capitoli più drammatici del libro, ex-genocidari hutu confessano che non consideravano i tutsi «esseri umani ma scarafaggi»...
TESTIMONIANZE DIRETTE I pregi di questo libro sono immensi: dalle testimonianze dirette raccolte sul campo al rigore delle fonti storiografiche; riporta alla luce stermini dimenticati, come quello del popolo herero dell’Africa sudoccidentale a opera dei coloni tedeschi o dei kikuyu dai britannici, e tanti altri per mano di coloni francesi, belgi, ecc. Senza tralasciare il razzismo che ancora oggi permea la storia «minore» dei popoli «non-bianchi». Domanda dopo domanda, Goldhagen ci porta con genialità, in una indagine che si legge senza fiato, alla radice stessa dello sterminio. E lancia un appello affinché la comunità internazionale si doti di conoscenza, capacità di anticipazione e reale volontà politica per fermare in tempo stragi in corso o latenti, che esploderanno negli anni a venire. Questo libro dovrebbe diventare un manuale per giovani e dirigenti politici, in un’Europa dove fanno la loro riapparizione discorsi xenofobi anti-migranti, espulsioni e deportazioni, che sono e sono sempre stati all'origine di una «cultura» eliminazionista.
8 gennaio 2011
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"Rifiutare di avere opinioni è un modo per non averle. Non è vero?" Luigi Pirandello (1867-1936)