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I ricordi individuali e la memoria collettiva, la necessità di lasciare una traccia, la vita, la morte, il caso, il destino. Questi sono i temi di un’immensa installazione effimera presentata da uno fra i principali artisti contemporanei internazionali, Christian Boltanski, a Monumenta 2010, nei 13.500 metri quadri della hall del Grand Palais.
Nato nel 1944, Christian Boltanski, per Monumenta 2010, propone un’esperienza intensa, fisica e psicologica, di fronte alla quale l’osservatore curioso, rimane scosso dalla spettacolarità emotiva e dalle questioni che emergono dall’intimo. Questioni intime e questioni senza tempo, che arrivano ad interrogare il senso della natura e quello dell’umanità.
Opera visiva e sonora, installazione effimera in-situ, riflessione sociale, religiosa, umana, sulla vita, la memoria, la singolarità irriducibile di ogni singola esistenza, la presenza della morte, la disumanizzazione dei corpi, il caso, il destino.
Invitato ad un percorso libero, fra le costrizioni fatte di paletti metallici arrugginiti, neon, abiti usati stesi a terra, in quest’installazione che potrebbe essere definita un’allegoria della vita, il visitatore ha il miglior ruolo. Quello dell’uomo libero, fra le costrizioni.
Libero di scegliere il suo percorso, corto o lungo, intenso o affrettato, superficiale o tanto profondo da poter lasciare la traccia del suo passaggio registrando il battito del suo cuore nell’opera “Archivi del cuore”, prima di avviarsi ineluttabilmente verso il destino. Tema nuovo, per questo artista che si interroga, nelle nelle sue opere, sui limiti dell’umanità e sulla dimensione essenziale del ricordo privato e della memoria collettiva.
Unico punto fisso, nei processi non lineari e sfuggenti della memoria, rimane la morte. È infatti attorno a lei che la memoria individuale e quella collettiva si annodano tragicamente. Punto di partenza dal quale la memoria si ricostruisce, nelle tracce di ricordo lasciate in contemporanei detentori di una effimera sopravvivenza.
L’opera non è più solo un oggetto d’arte, diventa vettore d’emozioni, trascende la forma per connettere gli uomini, far nascere un sentimento, uno choc, una presa di coscienza.
Il nome scelto per questa installazione da Christian Boltanski è “Personnes”. Parola a doppio significato, in francese. Sia “nessuno” che “persone”.
L’artista è colui che “svela allo spettatore una cosa che era già in lui, che profondamente sa già, e la fa risalire al livello della coscienza”, spiega Boltanski. Memoria individuale e memoria collettiva si associano, si interpenetrano. Ogni individuo è il suo proprio passato, ogni popolo è la sua storia. La questione dell’artista è proprio sul come si passa dai ricorsi individuali, che assomigliano solo a noi, alla memoria collettiva, condivisa. Qual’è la parte di ciascuno nella composizione dell’immenso puzzle della memoria di tutti. E come alcune memorie private riescono a prendere il passo, appoggiandosi su altre memorie private, fino, talvolta, a imporsi in tal modo prendere la mano del nostro futuro.
Ossessionato dalla traccia da lasciare Christian Boltanski, dal primo gennaio di quest’anno ha accettato di essere filmato in permanenza, nel suo ateliers, da quattro telecamere fino al momento della sua morte. Le immagini sono diffuse in diretta in una grotta in Tasmania, accessibile gratuitamente al pubblico, dove vive il ricco collezionista che ha acquisito l’opera in cambio di una rendita vitalizia: “Gioco una partita con il diavolo e conto vincere” spiega Boltanski “Se muoio entro 8 anni, il collezionista guadagna soldi, se scampo di più perde soldi”.
Le precedenti edizioni di Monumenta erano state confidate nel 2007 ad Anselm Kiefer e nel 2008 allo scultore americano Richard Serra. Ciascuna aveva attirato oltre 140.000 visitatori in cinque settimane.
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