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L'AQUILA - Volano. Stanno lì appesi a corde e funi, a 40 metri d’altezza, arrampicati su torri, campanili e facciate di monumenti e chiese. E volando li fasciano con materassi ad aria, circondando di cinghie le cupole, montando pezzi d’acciaio a ricostruzione e ricomposizione di facciate crollate, entrando (sempre dall’alto) negli absidi per recuperare statue, quadri e campane. Finiti i soccorsi, quando non c’erano più persone intrappolate tra le macerie, a L’Aquila i nuclei Speleo, alpino fluviali (Saf) dei Vigili del fuoco lavorano per impedire che scosse e inverno distruggano ulteriormente quello che è rimasto in piedi.Sono vigili impegnati alle normali attività di intervento nelle emergenze, appartengono ai diversi comandi, distribuiti in tutta Italia. E in più sono specializzati per muoversi, costruire, mettere mani dove le normali tecniche e mezzi non sono utilizzabili. Hanno la flessibilità dei vigili del fuoco, formati a calcolare il rischio che si trasforma e aumenta in situazioni difficili, i Saf sono addestrati a lavorare in scenari estremi. E quando questi scenari diventano realtà, come a L’Aquila, si riuniscono in unità regionali e aprono cantieri. Così si è consolidato il campanile di San Bernardino e si è cerchiata la cupola. Si calano a due per volta, imbracati come alpinisti in ascensione, in piedi su un bilancino portato dal lungo braccio di un’autoscala comandata da terra. Con tubi, attrezzi e strumenti che volano con loro. Un gesto meno accorto e il muro lesionato ma salvo potrebbe crollare. Così si sono rafforzate le mura del Castello Spagnolo. «Sono cantieri difficili, se non lo fossero a lavorare ci starebbero le ditte non i pompieri», dice Silvio Benedetti, un marcantonio biondo col codino che quando non sta appeso alle funi per mettere in sicurezza i monumenti, fa soccorsi con gli elicotteri a Roma.
Da due mesi dirige il cantiere della chiesa di Anime Sante, in piazza Duomo, dove si sta ristabilendo l’integrità di quanto resta della cupola, si è cerchiato il tamburo nella parte esterna ed è stato calato un gigantesco polpo d’acciaio per sostenere le mura dall’interno. Le tecniche sono quelle di attività sportive che si svolgono in ambienti impervi come la montagna, le grotte, le rapide dei fiumi, rielaborate e corrette per operazioni che a dire ardite è poco. Discese in corde singole e doppie, uso di paranchi ma stando appesi, salite, sempre su funi, con bloccanti meccanici. Una decina di cantieri costruiti intorno a opere architettoniche, in prevalenza chiese, dove operano 16 squadre che arrivano da Lazio, Liguria, Trentino, Piemonte, Calabria, coordinate da Gabriele Miconi, che alle competenze del Saf aggiunge la conoscenza di ogni pietra dell’Aquila, sua città. Per recuperare la reliquia di San Celestino, a Collemaggio, si sono calati come per scendere in una grotta in doppia corda: una per lavorare e una per sicurezza. «La sicurezza è che siamo sempre appesi in alto, se il tetto cede o se pezzi di muro crollano noi restiamo fuori dall’area di crisi», dice Francesco Di Felice, uno dei tecnici Saf che ha operato a Collemaggio. La sicurezza è il doppio controllo: dopo che un vigile chiude i nodi dell’imbracatura l’altro glieli controlla a uno a uno e viceversa. La sicurezza, oltre che per proteggere i monumenti ed eliminare i pericoli in modo da creare luoghi sicuri per chi, in futuro interverrà per restauri e ricostruzione, è il leitmotiv di questi cantieri. Qui la “reversibilità dell’errore” è un dictact con cui ogni Saf sa fare i conti. Per dirla con parole semplici: l’errore è possibile, tenerne conto e avere pronta una soluzione fa parte delle competenze professionali. Concetto utile che molto servirebbe pure a evitare incidenti e morti sul lavoro, dove certo gli operai non sono vigili iperspecializzati ma l’altezza e il rischio di errore non è così meno possibile. «Se la sequenza è giusta non ci si fa male, Non accelerare il lavoro anche se, quando sei appeso tutto il giorno a queste altezze ti sembrano normali», ripete a ogni passaggio Benedetti. «Mettere in sicurezza prima le persone e poi le cupole», dice, «modificando quanto resta, partendo dall’alto e togliendo ogni elemento instabile. Anche se si tratta se si tratta di un pezzo d’affresco. Solo così i restauratori potranno poi recuperarlo». Regola vitale in un’attività che va avanti anche durante le scosse e un ambiente dove basta un volo di colombo a provocare nuovi crolli. L’esperienza i Saf l’hanno consolidata in Umbria, Marche, Molise e nelle ultime alluvioni. La loro attività, iniziata una quindicina di anni fa, partendo dalle passioni sportive di alcuni vigili è entrata a far parte dei primi livelli di addestramento dei vigili del fuoco. I più preparati, flessibili e appassionati diventano poi gli specializzati. Dall’Italia, un’esperienza pilota, entrata a far parte del progetto Leonardo, che sta standardizzando le tecniche speleo alpinistiche come formazione e aggiornamento dei vigili del fuoco in Europa.
Luisa Pronzato
14 luglio 2009
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