“Alle 17.30 me ne sono andato dalla scuola e i simboli non c’erano. Siamo tornati la mattina dopo e li abbiamo trovati”. Un salto alla notte tra il 10 e l’11 settembre scorso nelle parole del dirigente scolastico della scuola di Adro, Gianluigi Cadei presente ieri nell’aula del Tribunale di Brescia sezione Lavoro per l’udienza del ricorso presentato dalla Cgil di Brescia contro il Comune, ministero dell’Istruzione e lo stesso istituto scolastico. Una causa civile fondata sul diritto dei lavoratori (insegnanti e bidelli) di operare all’interno di un ambiente libero da qualsiasi connotazione politica.
Ma quello che è accaduto ieri di fatto è stato una sorta di rovesciamento di ruoli considerando che la stessa avvocatura dello Stato, in merito alla condotta dell’amministrazione comunale si è espressa in termini di “propaganda politica”. In sostanza, il Comune “ha agito alla stregua di una qualsiasi impresa commerciale intenta a promuovere il suo marchio che però non è il marchio dell’Ente territoriale ma quello di un partito politico nazionale”.
Tutto messo nero su bianco e contenuto nella memoria difensiva che ha peraltro rimarcato come “nei locali pubblici siano ammessi solo simboli di inclusione (cioè che accomunano la generalità dei cittadini senza distinzioni) mai simboli di esclusione (in quanto riferibili a una parte soltanto dei cittadini).
Da accusato ad accusatore il rappresentante dello Stato nel suo documento ha poi sottolineato come la bandiera italiana sia il solo simbolo “per cui è consentita l’esposizione in ragione dell’alta valenza unificante che essa assume”. Il giudice Gianluca Alessio si è riservato la decisione. Più o meno una settimana per sapere se il sindaco sarà obbligato, questa volta per legge, alla rimozione totale e definitiva dei simboli della Lega appiccicati ovunque come sottolineato da un altro passaggio del testo: “La leadership dell’amministrazione comunale sembra aver inteso non tanto rivendicare la proprietà dell’opera quanto piuttosto appropriarsi idealmente (e certamente al cospetto degli utenti) della funzione dell’istruzione scolastica che invece rimane solidalmente statale”. Da qui le conclusioni e le richieste: “Accertare e dichiarare l’esclusiva responsabilità del Comune di Adro per i fatti denunciati” oltre a “condannare in via esclusiva” l’amministrazione del sindaco leghista Oscar Lancini “alla rimozione della simbologia di partito dai locali scolastici”.
Non basta quindi il “bollino blu” l’adesivo che al momento copre il marchio leghista messo sui banchi così come sono rimasti al loro posto i due grandi loghi verdi impressi sul tetto della scuola.
Alla luce di come sono andate le cose in aula, la Cgil ha rinunciato alle domande di condanna nei confronti del dirigente scolastico e del ministero mantenendole rispetto al Comune. “Abbiamo preso atto che il preside e il ministero hanno completamente aderito alle nostre posizioni chiedendo assieme a noi la condanna dell’amministrazione comunale a conferma che la vicenda dei simboli ha leso non solo i diritti dei lavoratori della scuola, ma anche l’interesse dell’intera collettività a una scuola priva di qualsiasi invasione ideologica” è stato il commento di Alberto Guariso il legale che difende la Camera del Lavoro di Brescia. Ora non resta che attendere la decisione del giudice.
Ma quello che è accaduto ieri di fatto è stato una sorta di rovesciamento di ruoli considerando che la stessa avvocatura dello Stato, in merito alla condotta dell’amministrazione comunale si è espressa in termini di “propaganda politica”. In sostanza, il Comune “ha agito alla stregua di una qualsiasi impresa commerciale intenta a promuovere il suo marchio che però non è il marchio dell’Ente territoriale ma quello di un partito politico nazionale”.
Tutto messo nero su bianco e contenuto nella memoria difensiva che ha peraltro rimarcato come “nei locali pubblici siano ammessi solo simboli di inclusione (cioè che accomunano la generalità dei cittadini senza distinzioni) mai simboli di esclusione (in quanto riferibili a una parte soltanto dei cittadini).
Da accusato ad accusatore il rappresentante dello Stato nel suo documento ha poi sottolineato come la bandiera italiana sia il solo simbolo “per cui è consentita l’esposizione in ragione dell’alta valenza unificante che essa assume”. Il giudice Gianluca Alessio si è riservato la decisione. Più o meno una settimana per sapere se il sindaco sarà obbligato, questa volta per legge, alla rimozione totale e definitiva dei simboli della Lega appiccicati ovunque come sottolineato da un altro passaggio del testo: “La leadership dell’amministrazione comunale sembra aver inteso non tanto rivendicare la proprietà dell’opera quanto piuttosto appropriarsi idealmente (e certamente al cospetto degli utenti) della funzione dell’istruzione scolastica che invece rimane solidalmente statale”. Da qui le conclusioni e le richieste: “Accertare e dichiarare l’esclusiva responsabilità del Comune di Adro per i fatti denunciati” oltre a “condannare in via esclusiva” l’amministrazione del sindaco leghista Oscar Lancini “alla rimozione della simbologia di partito dai locali scolastici”.
Non basta quindi il “bollino blu” l’adesivo che al momento copre il marchio leghista messo sui banchi così come sono rimasti al loro posto i due grandi loghi verdi impressi sul tetto della scuola.
Alla luce di come sono andate le cose in aula, la Cgil ha rinunciato alle domande di condanna nei confronti del dirigente scolastico e del ministero mantenendole rispetto al Comune. “Abbiamo preso atto che il preside e il ministero hanno completamente aderito alle nostre posizioni chiedendo assieme a noi la condanna dell’amministrazione comunale a conferma che la vicenda dei simboli ha leso non solo i diritti dei lavoratori della scuola, ma anche l’interesse dell’intera collettività a una scuola priva di qualsiasi invasione ideologica” è stato il commento di Alberto Guariso il legale che difende la Camera del Lavoro di Brescia. Ora non resta che attendere la decisione del giudice.
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"Rifiutare di avere opinioni è un modo per non averle. Non è vero?" Luigi Pirandello (1867-1936)