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domenica 24 ottobre 2010

Incredibile, Berlusconi schedato come comunista. Non si chiama Silvio, ma Enrico

Il nome salta fuori dal Casellario politico centrale reso pubblico da giugno e consltabile online. Tra le tante schede anche quella di un La Russa barbiere palermitano antifascista
Nella storia d’Italia è esistito un Berlusconi comunista. Chi l’avrebbe mai detto? E chissà come reagirà il Cavaliere. La persona in questione è Berlusconi Enrico, nato nel 1889 a Lurago Marinone, Como. Il regime fascista lo schedò come comunista. Il nome salta fuori dal Casellario politico centrale, reso pubblico da giugno scorso. Si tratta dello schedario di oppositori politici creato a fine ’800 dalla Direzione generale di pubblica sicurezza da cui rispuntano 152.589 fascicoli sintetici dell’Archivio centrale dello Stato.
Difficile sapere se quest’Enrico fosse o no un parente di Silvio Berlusconi. Magari – come ha scritto un utente di Twitter dopo aver colto l’invito a fare ricerche lanciato dagli scrittori Wu Ming – era un prozio del padre Luigi, classe 1908.
Il collettivo di scrittori anonimi è stato il primo a rilanciare sulla rete l’archivio, consultabile on-line. In questo modo sono tornate a galla storie di persone che furono schedate durante il fascismo e dal suo servzio segreto , l’Ovra. Ecco, infatti, cosa si legge sul sito: “Tutta una indeterminata categoria di persone, definita genericamente antifascista, e le minoranza etniche soprattutto della Venezia Giulia vennero tenuti sotto controllo”
Così, cercando tra i nomi spunta un Giuseppe La Russa, nato a Palermo nel 1897, barbiere antifascista mandato al confino, oppure degli Alemanno abitanti in Piemonte, alcuni anarchici, altri comunisti.
A essere seri si possono trovare le schede sintetiche di Alessandro Pertini, o meglio Sandro Pertini, oppure Antonio Gramsci, Carlo Alberto Rosselli o Giulio Einaudi.
Tuttavia nel periodo precedente alla Resistenza le schedature si fermano. Come riepilogano gli scrittori, appassionati di questo periodo storico, l’Ovra non esisteva più, il regime non aveva più la sua sede centrale a Roma e “inoltre in quel clima non si veniva più soltanto ‘schedati’, ma passati per le armi”. Ecco perché le schede di alcuni partigiani celebri non esistono. Il casellario politico centrale non termina lì. Scrivono sul loro blog i Wu Ming “L’archivio continua a esistere  fino agli anni ’60. I documenti della fase post-bellica non sono ancora consultabili”.

http://www.ilfattoquotidiano.it/2010/10/24/berlusconi-schedato-come-comunista-non-si-chiama-silvio-ma-enrico/73417/


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