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sabato 26 dicembre 2009

TATUAGGIO AL FEMMINILE LO CHARME DELL'EROS Girls and Full Body Tatts










Tatuaggio femminile


L’amore e la sessualità hanno rivestito grande importanza nel tatuaggio femminile di tutti i tempi, in misura maggiore che non in quello maschile. Nelle società tribali, il tatuaggio quasi sempre scandiva e « comunicava»  alla collettività il passaggio alle diverse fasi della vita sessuale di una donna: la pubertà, il matrimonio, la maternità, la vedovanza…ed era di conseguenza considerato anche una decorazione affascinante ed erotica. L’amore e la sessualità sono all’origine della maggior parte del tatuaggio femminile moderno. Secondo Cesare Lombroso « …è nel sesso femminile che trovano rifugio i pregiudizi, i riti, gli ornamenti delle epoche antiche, per molti anni che sono stati abbandonati dagli uomini…» . Ed è soprattutto nelle donne che è sopravvissuta la pratica del tatuaggio tradizionale nelle popolazioni primitive. « Questo non a causa della loro selvatichezza, insensibilità o inclinazione innata al crimine ma piuttosto per vanità, civetteria, seduzione o semplicemente per tradizione religiosa e tribale…»  L’origine antica e generalmente diffusa della pratica del tatuaggio femminile, non che il suo perdurare, è convalidata dalle tante testimonianze di tutti i paesi dove è conosciuta: presso i primitivi oceanici, americani, asiatici, compreso quelli delle regioni mediterranee e africane gli archeologi che hanno operato nell’arcipelago greco hanno ritrovato statuette in terra cotta dell’epoca di Omero: quasi tutte rappresentano corpi femminili tatuati con disegni geometrici, principalmente sul ventre e sulle cosce.
Uno dei segni più ricorrenti è il triangolo, come triangolo sessuale degli idoli iberici e ciprioti; oppure, per arrivare ai giorni nostri, presso le donne berbere il triangolo che sorregge la palma sacra è il simbolo del principio fecondante della divinità. La forma triangolare è inoltre caratteristica comune di molte tribù in cui il tatuaggio ha conservato la sua funzione magica (come il tatuaggio a forma di due V intrecciate che raffigura il sigillo di Salomone) mantenendo ancora questo significato: I Chaouia pensano, per esempio, che tutte le donne che non hanno un tatuaggio sul tallone sinistro non avranno figli; per i Zaian invece, non è importante la parte del corpo tatuata ma l’ago con cui viene eseguito, che deve essere stato usato per cucire il lenzuolo di una vergine. Nelle Fiji, in Oceania, le donne-e solo loro- si tatuano i motivi religiosi. L’importanza del tatuaggio è tale, che in certe tribù,i bambini nati da donne non tatuate vengono uccisi. Quanto al tatuaggio estetico che decorava o distingueva le donne (come le tre linee verticali o oblique sul mento delle donne maritate), è per così dire universale presso i primitivi. Lombroso ricorda che in Nuova Zelanda « …i disegni dei tatuaggi variano come da noi quelli della moda… e la prova che essi vengono considerati un ornamento sta nel fatto che le ragazze si tatuano per nascondere il colore rosso delle labbra, considerato per la loro coltura un difetto» . Le donne tahitiane, ma non solo, si fanno delle linee e delle cicatrici particolari per far sapere se sono vergini o nubili. Nelle isole Marchesi il tatuaggio è un sacramento oltre che una decorazione; vi sono tatuaggi diversi per la donne nubili, per le domestiche libere, per le schiave, le vedove e le donne sposate. I loro tatuaggi ornamentali sono disegni dal tratto molto sottile e consistono in braccialetti, spalline e soggetti simili; cominciano verso i quindici anni con un tatuaggio all’altezza della vita e continuano nel tempo. Il tatuaggio viene eseguito durante una cerimonia segreta a cui partecipano solo donne.
Il tatuaggio diventa, secondo Lombroso, il « segno dell’inferiorità sociale delle donne» . A Tahiti è particolarmente esteso ed elaborato: le ragazze dagli otto ai quattordici anni si tatuano tutto il corpo tranne il volto e quando raggiungono la pubertà vengono decorate a forma di arco sulle natiche. Solo le nobili hanno il diritto di tatuarsi le labbra. Qui il tatuaggio è un ornamento che viene mostrato con grande orgoglio.
A Nouka Hiva le donne nobili posso tatuarsi in misura molto maggiore di quelle del popolo e a Samoa le vedove si fanno tatuare la lingua. In Nuova Zelanda le donne hanno sulle natiche capricciosi disegni neri che esibiscono con grande ostentazione. Le donne arabe si fanno tatuare per piacere hai loro meriti, ed è per questo che il tatuaggio è più diffuso tra loro che non tra gli uomini. Tutte le prostitute arabe sono tatuate con disegni di croci e fiori sulle gote o sulle braccia; altre ne hanno sul seno, alle commessure della vulva, o sulla parte esterna delle palpebre; ma si tratta di ornamenti e non di simboli osceni. In molte regioni dell’Etiopia le donne portano tatuaggi ornamentali, che disegnano una collana o un bracciale o simboli religiosi sulla fronte.
Questa tradizione dura tutt’oggi. Lacassagne (antropologo-criminologo francese 1843-1924) scrive: « …più ancora che nei ragazzi, il tatuaggio rappresenta per una giovane donna un segnale-sintomo di cattivo augurio, costituisce chiaramente un segno precursore della prostituzione» .
In « De la Prostitution dans la ville de Paris» , 1836, autore Parent-Duchatelet, si legge che « … le ragazze che frequentano i marinai e i soldati hanno fatto loro l’abitudine di farsi delle figure o delle iscrizioni sulla pelle» . Il caso più tipico è quello segnalato presso le prostitute di Copenhagen nel 1891. Esiste tra la clientela un certo numero di persone che cerca le prostitute tatuate, indipendentemente dal carattere erotico del tatuaggio; il contatto con una partner »  diversa»  costituisce per loro uno stimolo erotico. Molto spesso il tatuaggio delle prostitute è solo una cicatrice ideologica, una testimonianza di amore o sottomissione senza alcuna ricerca estetica. Il criminologo Baer conclude le sue ricerche dicendo in proposito: »  La frivolezza e l’imitazione, la civetteria e la vanità, la leggerezza e la prostituzione, la frequentazione abituale e i rapporti stretti con criminali, l’intimità pubblica o segreta che esse intrattengono con loro: è con le cause che conducono al tatuaggio e che corrispondono completamente al carattere e alla natura intima delle prostitute» . In Marocco nel 1926 un gruppo di medici francesi visitò alcune prostitute che portavano dei tatuaggi: »  incantesimi d’amore» , sul ventre e sul pube, o frasi di preghiere, che fungevano da talismani protettivi. Una prostituta di diciannove anni in carcere a Saint-Lazare (fine ‘800) aveva nove tatuaggi sul braccio tra cui la scritta: « j’aime la bitte»  (amo il cazzo); una ragazzina di quindici anni, tatuata dal sua amante, aveva una viola del pensiero e un cuore trafitto e due scritte, una per braccio: « oh merde, ancore un con qui me regarde»  (cazzo, ancora uno stupido che mi guarda) e « as-tu un Louis à mettre dans le commerce, oui ou non?»  (hai un Luigi da mettere in commercio, si o no?). Una prostituta tedesca aveva invece scritto su una natica: « immer hinein»  (sempre dentro); a Napoli una prostituta aveva sulla coscia una freccia che indicava il sesso e la scritta « excelsion» ; una nordafricana sopra il pube portava la scritta « entre»  (entrata) in arabo; e un’altra sul seno: « Aicha, fille du malheur»  (Aicha, figlia della sfortuna). A Buenos Aires una prostituta di diciassette anni aveva tatuati un paio di mutandoni decorati con tanti peni eretti. A Torino, alla fine dell’800, alle prostitute eterosessuali che lavoravano nelle case chiuse venivano tatuate un neo sulla guancia sinistra (per indicare che erano sotto controllo medico) mentre le lesbiche se ne tatuavano uno sopra il labbro superiore a destra; anche il disegno tatuato di una dalia era segno di riconoscimento per le lesbiche. Presto le prostitute di strada le imitarono, così il neo tatuato perse il suo valore di messaggio e divenne solo un vezzo. Le prostitute turche – per mantenere un « distacco»  dal cliente – usavano tatuarsi sulle mani decorazioni che simulassero guanti e, per pudore, molte prostitute americane ed europee si facevano tatuare reggiseni e mutandine floreali.
In Giappone, quando nel sec. XVIII sorsero nelle principali città i primi quartieri proibiti, si diffuse ben presto tra le prostitute e i loro amanti l’uso di tatuarsi un pegno d’amore (irebokuro) che consisteva nell’incidersi un punto tra la base del pollice e il polso in modo che, quando l’uomo e la donna si tenevano la mano, la punta di ciascun pollice andava a toccare il punto tatuato sulla mano dell’altro. Dal tatuaggio di due semplici punti si passò alle iniziali dell’amante, a piccole frasi e disegni sulle mani, sulle braccia e sulla schiena. Il tatuaggio, simbolo di sofferenza, divenne un mezzo esemplare per visualizzare i sentimenti di dovere e onore, amore e affetto, lealtà e fede spirituale nei rapporti tra i due sessi all’interno dei quartieri del piacere. Finito l’amore c’erano molti sistemi con cui le prostitute « cancellavano»  i loro pegni; i più usati erano le bruciature con la moxa, un erba che arde molto lentamente e a contatto con la pelle procura un’ustione che porta via il disegno lasciando una cicatrice. Il tatuaggio è stato anche usato come punizione e marchio di infamia per le prostitute.
Nel trittico dipinto da Hieronimus Bosch nel 1503 « Il giardino delle Delizie»  nella rappresentazione dell’inferno una donna adultera è dipinta con una rana, simbolo di lussuria e del demonio, tatuata sul petto. In Francia, durante il Medio Evo, le prostitute e le ruffiane venivano punite con il taglio del naso e con la marchiatura a fuoco sulla fronte di una « P»  per le prime e di una « M»  per le seconde (iniziali di « prostituta»  e di « maquerelle» , ruffiana). Sotto il regno di Luigi XIV alle prostitute veniva inflitta la stessa punizione e, oltre all’amputazione del naso e alla marchiatura sulla fronte, veniva tatuato a fuoco il Giglio di Francia sul seno o sulla spalla (marchio di infamia inflitto anche alle ladre).



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3 commenti:

"Rifiutare di avere opinioni è un modo per non averle. Non è vero?" Luigi Pirandello (1867-1936)