di Roberto Bertinetti
ROMA (14 ottobre) - Si divide la critica londinese sui venticinque quadri che Damien Hirst espone da oggi e sino al 24 gennaio alla Wallace Collection, nel centro della capitale britannica. L’artista inglese più discusso e controverso degli ultimi decenni ha deciso di intraprendere un nuovo cammino, mettendo a sorpresa da parte gli animali squartati che lo avevano fatto diventare una ricchissima star dell’avanguardia.
Ha ripreso in mano il pennello per realizzare le opere riunite con il titolo No Love Lost, Blue Paintings, spendendo oltre duecentomila sterline per l’allestimento delle sale dell’edificio che ospita, tra l’altro, capolavori di Poussin, Tiziano e Velazquez. Un’impresa per lui non facile perché, ha sostenuto nelle interviste rilasciate alla stampa, «non dipingevo dal periodo in cui frequentavo la scuola e mi sono accorto che, purtroppo, non era agevole riprendere confidenza con questa tecnica».
Se tutti i commentatori concordano che Hirst ha mantenuto la continuità tematica con il periodo precedente, continuando a proporre soggetti che hanno al centro la decadenza del corpo e la morte, le opinioni sul valore delle tele sono assai diverse. E così sul Times Rachel Campbell-Johnston definisce la mostra «orribile e oscena», attaccando la scelta dei responsabili della Wallace Collection di ospitarla («un sacrilegio», aggiunge), Sarah Crompton sul Daily Telegraph si dice “interdetta” anche confessa di provare ammirazione per il talento di Hirst, mentre sul Guardian Mark Brown esprime un giudizio positivo e loda il coraggio mostrato da Hirst «nell’iniziare un nuovo cammino».
Hirst, parlando alla Bbc, ha sostenuto che le polemiche non lo stupiscono, aggiungendo di aver maturato la decisione di mettere da parte il suo stile precedente, pur rimanendo fedele ai temi che lo avevano caratterizzato, «perché la crisi economica che ha sconvolto la vita di milioni di persone mi ha fatto capire che la sobrietà deve diventare un valore di primaria importanza e, per quello che mi riguarda, l’importanza della tradizione pittorica va riscoperta».
La scelta di Hirst, figura di punta del movimento degli Young British Artists sin dalla metà degli anni Novanta, è destinata a dividere ancora a lungo chi lo ritiene un genio e chi, al contrario, lo giudica solo un abile imprenditore in grado di cavalcare le mode e di trarne profitto. «E’ ricco e famoso perché suscita scandalo e i prezzi folli dei suoi lavori ne fanno una star amata dai media», ha rilevato l’economista Donald Thompson nel suo saggio Lo squalo da 12 milioni di dollari, tradotto lo scorso anno dalla Mondadori, in cui fa il punto sui meccanismi che spingono al rialzo le opere di alcuni contemporanei e offre ampio spazio proprio a Hirst..
Altri esperti si sono più volte espressi in dissenso rispetto a Thompson e a chi condivide le sue idee, sottolineando che Hirst e altri che in tutto il mondo hanno seguito la medesima strategia vanno considerati degnissimi discendenti dei maestri della scuola pop inaugurata da Andy Warhol.
In ogni caso è indubbio che con No Love Lost (titolo tratto da un verso di una canzone del gruppo post-punk Joy Division attivo nel Regno Unito sul finire degli anni Settanta) Damien Hirst ha inaugurato una nuova stagione della sua carriera. Le venticinque tele in mostra alla Wallace Collection, ha precisato, non saranno vendute perché, ha aggiunto durante il colloquio con la Bbc, «non si può trarre profitto dal dolore che le ha ispirate». Un impegno pubblico al quale sembra impossibile possa sottrarsi a dispetto delle follie e degli eccessi del passato.
Ha ripreso in mano il pennello per realizzare le opere riunite con il titolo No Love Lost, Blue Paintings, spendendo oltre duecentomila sterline per l’allestimento delle sale dell’edificio che ospita, tra l’altro, capolavori di Poussin, Tiziano e Velazquez. Un’impresa per lui non facile perché, ha sostenuto nelle interviste rilasciate alla stampa, «non dipingevo dal periodo in cui frequentavo la scuola e mi sono accorto che, purtroppo, non era agevole riprendere confidenza con questa tecnica».
Se tutti i commentatori concordano che Hirst ha mantenuto la continuità tematica con il periodo precedente, continuando a proporre soggetti che hanno al centro la decadenza del corpo e la morte, le opinioni sul valore delle tele sono assai diverse. E così sul Times Rachel Campbell-Johnston definisce la mostra «orribile e oscena», attaccando la scelta dei responsabili della Wallace Collection di ospitarla («un sacrilegio», aggiunge), Sarah Crompton sul Daily Telegraph si dice “interdetta” anche confessa di provare ammirazione per il talento di Hirst, mentre sul Guardian Mark Brown esprime un giudizio positivo e loda il coraggio mostrato da Hirst «nell’iniziare un nuovo cammino».
Hirst, parlando alla Bbc, ha sostenuto che le polemiche non lo stupiscono, aggiungendo di aver maturato la decisione di mettere da parte il suo stile precedente, pur rimanendo fedele ai temi che lo avevano caratterizzato, «perché la crisi economica che ha sconvolto la vita di milioni di persone mi ha fatto capire che la sobrietà deve diventare un valore di primaria importanza e, per quello che mi riguarda, l’importanza della tradizione pittorica va riscoperta».
La scelta di Hirst, figura di punta del movimento degli Young British Artists sin dalla metà degli anni Novanta, è destinata a dividere ancora a lungo chi lo ritiene un genio e chi, al contrario, lo giudica solo un abile imprenditore in grado di cavalcare le mode e di trarne profitto. «E’ ricco e famoso perché suscita scandalo e i prezzi folli dei suoi lavori ne fanno una star amata dai media», ha rilevato l’economista Donald Thompson nel suo saggio Lo squalo da 12 milioni di dollari, tradotto lo scorso anno dalla Mondadori, in cui fa il punto sui meccanismi che spingono al rialzo le opere di alcuni contemporanei e offre ampio spazio proprio a Hirst..
Altri esperti si sono più volte espressi in dissenso rispetto a Thompson e a chi condivide le sue idee, sottolineando che Hirst e altri che in tutto il mondo hanno seguito la medesima strategia vanno considerati degnissimi discendenti dei maestri della scuola pop inaugurata da Andy Warhol.
In ogni caso è indubbio che con No Love Lost (titolo tratto da un verso di una canzone del gruppo post-punk Joy Division attivo nel Regno Unito sul finire degli anni Settanta) Damien Hirst ha inaugurato una nuova stagione della sua carriera. Le venticinque tele in mostra alla Wallace Collection, ha precisato, non saranno vendute perché, ha aggiunto durante il colloquio con la Bbc, «non si può trarre profitto dal dolore che le ha ispirate». Un impegno pubblico al quale sembra impossibile possa sottrarsi a dispetto delle follie e degli eccessi del passato.
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"Rifiutare di avere opinioni è un modo per non averle. Non è vero?" Luigi Pirandello (1867-1936)