C'è ancora il Giappone a Palazzo Reale, a Milano, è non è il Giappone dei Samurai, ma l'immagine di un’esistenza lieve e appagante veicolata dall’ukiyo-e. Una delle espressioni più significative di quella corrente pittorica furono certamente le shunga, termine giapponese che allude alle "immagini della primavera", opere a soggetto erotico, create con la tecnica della xilografia policroma, la cui massima fioritura fu tra il 1603 e il 1867. Shunga. "Arte ed eros in Giappone nel periodo Edo" è la mostra allestita dal 20 ottobre al 31 gennaio a Palazzo Reale (9.30/19.30, lunedì 14.39/19.30, giovedì 9.30/22.30) . Le shunga furono parte primaria della produzione dei più importanti artisti del tempo - Harunobu, Koryusai, Kiyonaga, Utamaro e Hokusai - tutti presenti in mostra con 100 opere, 30 libri originali e alcuni preziosissimi Kimono. Ma le apprezzarono molto anche i contemporanei, sia come stamp, sia come illustrazioni per romanzi erotici e per manuali destinati all’educazione delle cortigiane e delle giovani spose. Considerate per molto tempo immagini di carattere pornografico, nonostante il loro indubbio valore artistico, le shunga sono state oggi rivalutate come espressione alta della cultura giapponese, nonché specchio raffinato dei costumi dell’epoca (Silvia Dell'Orso)
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