CENNI CRITICI di Michel Abbatangelo  1998
- In occasione della personale di Alessandra Urso a Padova nel 1998 al"mercoledi delle scimmie"

… Le conosco tutte le Alessandre: quella informale, dei rossi sgargianti, dei  verdi lussureggianti del tempo in cui si cimentava con le tele, quella dei  guerrieri totemici, Dei, sovrastati dallo scorrere degli eoni, immersi sino alla  consunzione nello scorrere del tempo, degli infiniti tempi sino ad  accartocciarsi, scarnificarsi in un essenziale osseo legnoso scuro e  straordinariamente evocativo del luogo "oltre". Personaggi bloccati in una  fissità sulla follia umana di grandissima dignità, pietà e  comprensione.
Quella dei graticci rettangolari, di legno biaccato, un poco  obliqui e volti al sole, appena infissi nella sabbia, e lì come trappole di  ragno, attendere al varco frammenti di innocenza e di sogno al  femminile…
Stracci, lini e cotoni lì rappresi dopo che la brezza marina e  qualcuno li aveva strappati, rapiti o solo accolti.
Quella Medicale che  bendava l'offesa magia della natura con quel che di tribale e di etnico,  sciamanico apportato dal suo incontro con l'Africa. Quella che da sempre con  misteriosa coerenza si fa vestale, sacerdotessa di un femminile riposto e  dimenticato.
Ed oggi quella che costruisce le "Colline Crociate" e come  sempre investe questi poveri legni, di pioggia, vento, polvere e tempo. Croci di  tutti i tipi, dalla più tradizionale (di una semplicità straordinaria) alle più  complesse, ricche di significati, esili, totemiche a volte con tratti  antropomorfi, un che di passione orgogliosamente portata, quasi sfida irridente,  con tante braccia spalancate ad una accoglienza fiera.
Croci che si fanno  grido "silenzioso" , su cui s' innestano infinite passioni e qualcosa di  gestante, di attesa e poi alcune delle più meravigliose in cui la passione sta  ai piedi di un quasi umano riscatto giacchè sembrano dee primitive, antiche,  coloro che hanno dominato, asservito la dolorosa consapevolezza del limite (…)  della diefettività.
E… per la prima volta, il legno si fa chiaro, luce ad  emergere da un continuum di scura bruciata immortalità.
Ancora quelle che  racchiudono porzioni di "vuoto" cielo, gravide, sino a quella che forse più di  tutte mi colpisce per il selvaggio che esprime, uno scavato ai limiti del  possibile che la fa sfuggire da ogni classicismo o barocchismo fuori da ogni  logica plastica, con un che di espressionista.
Un poco vi ravvedo il  tentativo di afferrare le dilanianti contraddizioni del nostro attuale  contemporaneo interiore, una sorta di pianta a cui stanno lembi e stracci  fossilizzati, impigliati a monito e rappresentazione di un grandioso minuto  dramma.
Poi, ancora le ballerine, volutamente intozzite, abbruttite,  appesantite ed al contempo slanciate, esili, apparentemente fragili, dai  connotati in via di metamorfosi, indecise… credo, queste, siano una  rappresentazione appena appena venta da un che di autobiografico…
Anche… se  una di esse scruta l'orizzonte resta in lei un che di fatalistico poco gravido  di attese e desideri.Alessandra è un'artista straordinaria, geniale, posseduta,  non si capisce a quali fonti abbia abbeverato lo slancio che caratterizza la sua  personalità di una complessità abnorme, a tratti patologica;
Il mondo della  sua rappresentazione è misterico, quasi esoterico, magico, più accessibile alle  vestali, alle sacerdotesse o ad uno sciamano delle foreste che ad una sufragetta  del nostro affaticato occidente mentale (…). Il trascendentale è vivissimo nella  sua rappresentazione, sa riproporsi sempre nuova, più profonda con una  intrinseca qualità di grido unica. La sua astrazione, il suo informale è quanto  di più figurativo si possa immaginare, la vivezza del ritratto  dell'inconoscibile lascia perplessi (a dir poco) , e lo sappiamo che è un  paradosso madornale.
Se potesse dar sfogo alla prepotente vena che la anima  avremmo il nostro paesaggio meravigliosamente sconvolto da una miriade di  personaggi mirabilmente usi ora alla comprensione ora ad esprimere un giudizio  critico severo ma non minaccioso.
Tutta una teologia si può ravvisare nella  sua rappresentazione: ad esempio la sua cosmogonia non contempla dei, divinità  in armi e semmai esse sono presenti di rado, lo sono in vesti di scettro, di  simbolo di potere. Ancora, essi (…) pur essendo dei, semidei sembrano ancora per  un tratto immersi nel fiume del tempo seppure al tempo stesso immortali,  sembrano praticare la contiguità con l'umano per un che di affetto o per un  patto che contempla l'attesa di un "pervenire" anche noi alla medesima  condizione.
Una attesa (la loro) che contempla una infinita pazienza e un  inestirpabile legame con la condizione umana in cui forse un tempo erano  incarnati. Religiosità! Ecco, malgrado il personaggio non pratichi in nessun  modo le pratiche religiose… non si capisce come questo mondo trovi in lei una  cantrice così straordinaria.
Vien da immaginare che allorchè l'artista  riposa tutta una serie di donne, streghe, sacerdotesse del passato la possiedono  suo malgrado per portarla alla rappresentazione di cui godiamo tra lo scettico  ed il perplesso (dato il tempo che viviamo).
In definitiva una personalità  senza tempo, nata nel secolo sbagliato e più figlia del primo novecento di  quanto si possa immaginare.
Nessuno riuscirà mai a cogliere la magia  irrazionale (apparentemente) della sua rappresentazione, della sua cosmogonia,  né gli amici in balia dei loro strazianti banalissimi vissuti sentimentali (…),  né certa critica troppo "concettuale" con l'occhio perso nel  vuoto…
Sentiranno qualcosa di strano davanti alla sua opera, ma saranno  incapaci di penetrarla.





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"Rifiutare di avere opinioni è un modo per non averle. Non è vero?" Luigi Pirandello (1867-1936)