Quello che sorprende di più è la constatazione della potenza in termini di influenza dell'Arma dei Carabinieri la quale è riuscita a circoscrivere nella cronaca locale l'episodio e a connotarlo come un semplice accidente dell'abbruttimento umano e bla bla bla cosicchè un caso che avrebbe dovuto esplodere in tutti i media si ritrova a girare dimesso quasi esclusivamente nel web ! Nessuno si interroga sui criteri o la pedagogia,la formazione delle reclute e pare quasi che gli arruolamenti vengano fatti nelle patrie galere o negli ospedali psichiatrici ! Se alludo alle sedi leghiste come ospedali pichiatrici ? Mà no che andate a pensare...resta che certi individui appartengono ad un ben preciso clima che incanala il risentimento e l'odio verso le minoranze e i deboli !
Questo episodio di pura barbarie ce la dice lunga su una certa cultura locale...
BUTTATO NEL FIUME PERCHE’ “UBRIACO”. QUATTRO CARABINIERI INDAGATI
MONTAGNANA (PADOVA)
Marocchino fermato e affogato
Un’immersione nel fiume per far passare la
sbronza, per togliere di mezzo quei fastidiosi
stranieri ubriaconi che disturbano.
Solo che questa volta c’è stato il morto e aMontagnana,
piccolo comune della bassa padovana racchiuso
in una stupenda cinta muraria medievale,
la situazione si è fatta tremendamente seria.Un ragazzo
marocchino di 24 anni è stato trovato senza
vita e quattro carabinieri sono finiti sotto indagine.
L’avrebbero costretto a buttarsi nel fiume, quasi
una sorta di punizione, per poi abbandonarlo
ed andarsene via.
Il ragazzo si chiamava Abderrahman Sahli, imilitari
l’hanno prelevato la sera del 15 maggiomentre
si stava eleggendo il nuovo sindaco, la giunta è
un monocolore della Lega Nord, perché durante
la festa del prosciutto (il crudo dolce è la specialità
della zona) avrebbe alzato il gomito e infastidito le
persone. Il ragazzo è stato visto l’ultima volta mentre
saliva sulla gazzella ma poi è sparito. L’ha ritrovato
un contadino quasi otto giorni dopo vicino al
fiume Frassine. E dall’acqua non è emerso solo il
suo volto gonfio ma una storia molto più inquietante
che le indagini della magistratura dovranno
accertare. Quella di buttare i marocchini ubriachi
nel fiume sarebbe stata una prassi.Qualcosa le vittime
avevano sussurrato in giro, questi abusi erano
conosciuti. Ma c’era paura. Dopo la morte di
Abderrahman la diga sembra essersi rotta. Rahali
El Hassane, è conosciuto in paese come «Fragolino
». Ha dei problemi con il vino come succede ad
altri suoi connazionali; i motivi sono tanti, anche
quello di una vita che non è andata proprio come
lui avrebbe sperato. Riferisce di essere stato buttato
quattro volte nel fiume da questa specie di servizio
di contenimento in divisa effettuato dai Carabinieri.
Ogni volta ce l’ha fatta da solo, si è arrampicato
sull’argine ed è tornato in paesema per il suo
amico non è andata così. È stata aperta un’inchiesta
in procura a Padova, ancora da definire le ipotesi
di reato ma ci potrebbe essere il sequestro di
persona oltre all’omicidio colposo, nel mirino delle
indagini sono finiti quattro militari, tra di loro
c’è un sottoufficiale. «Fragolino» li ha riconosciuti
tutti e quattro di fronte agli investigatori. L’Arma
come d’abitudine quando suoi appartenenti finiscono
sotto inchiesta li ha già trasferiti.
I marocchini di Montagnana e del territorio
hanno deciso che è arrivato ilmomento di farsi vedere
e hanno organizzato una manifestazione che
sabato 4 giugno ha radunato circa 300 persone. La
prima in questo paese da chissà quanti anni. Ora
si aspetta l’arrivo della famiglia di Abderrahman.
L’associazione Razzismo stop di Padova hamediato
con la Prefettura per facilitare l’arrivo dei genitori
che una volta in Italia potranno nominare un avvocato.
Ma sullo sfondo di questa storia c’è la popolazione
di questo paese e un’indifferenza quasi
totale mostrata verso questa vicenda. Mentre si
sta facendo strada il seme buono di un impegno
dei giovani della comunità marocchina che vogliono
aprire un dialogo con gli italiani.
In un sabato mattina un po’ piovoso incontriamoMohammedChahid,
gli amici lo chiamano «Simo
», Faycal Lafnoune e Khalid Chahid. Hanno 23
e 26 anni e tanta voglia di cambiare la situazione:
«Vogliamo provare a cambiare le cose e vogliamo
verità e giustizia. Non possiamo stare zitti», dicono.
Questi ragazzi sono arrivati in Italia da piccoli,
si sentono italiani e stanno progettando qui il loro
futuro. «Io voglio sposarmi e avere i miei figli qui -
spiega Simo – se i nostri genitori sono venuti con
l’idea di tornare a casa noi invece vogliamo rimanere
». Accanto loro ci sono i rappresentanti della
Sinistra Unita che alle ultime elezioni ha schierato
un candidato sindaco, Roberta Di Salvatore, eletta
in consiglio e un’esponente della Cgil di Montagnana.
Ma tutti sono convinti che solo allargando
si riuscirà a far capire il senso di questa richiesta.
Per questo una delle iniziative su cui stanno ragionando
è l’organizzazione di una cena aperta a tutta
la cittadinanza che andrà preparata con cura e
cercando di coinvolgere al massimo la popolazione.
È necessario però che ci sia voglia di ascoltare,
che si superi quel modello di convivenza basato
sulla separazione che è la prassi da queste parti.
Dove i punti di contatto sono rari. E che qualcosa
non abbia funzionato neanche nella stessa comunità
marocchina lo riconosce anche Mohammed
«Simo»: «Neanche noi abbiamo aiutato questi ragazzi
che non stanno bene». Come Abderrahman
che non aveva i documenti, faceva lavori saltuari e
non tornava in Marocco da sei anni. «Era alto e
grosso – lo ricordano sorridendo i ragazzi – quella
sera era arrivato anche secondo nella gara con il
maiale sulle spalle». Prima di salire nella macchina
dei carabinieri, e di sparire per sempre.
Giusi Marcanta – Il Manifesto 12.giugno.2011
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