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sabato 16 aprile 2011

Don Verzè sull’orlo della bancarotta.

Oltre 1 miliardo di Euro. Il padre spirituale del Berlusca & Pollari con l’acqua alla gola per un dissesto colossale.

Ha fondato e poi sfondato (di debiti) l’Ospedale San Raffaele di Roma e Milano, tempi mondiali della medicina e della sofferenza. Ora al manager di Dio rimarrà solo queste ultime (le “sofferenze” … economicamente parlando).

San Raffaele e Sua sanità Don Verzè sull’orlo  della  bancarotta.
San Raffaele e Sua sanità Don Verzè sull’orlo della bancarotta.

Che c’hanno  in  comune  il  premier Silvio  Berlusconi, il  generale  dei  servizi  segreti  Nicolò Pollari, il  Vaticano,  e  notissimi politici,  banchieri  ed  imprenditori? Un  arzillo  vecchietto (ora pieno di  puffi)  che  si  chiama  Don Luigi Maria Verzè.



Accanto alla sede del Parco biomedico del San Raffaele a Mostacciano, sorge una graziosa villetta ch’era  di proprietà della Fondazione di Don Verzè e che venne  affittata al  servizio  d’intelligence  militare (Sismi) per  le  sue  attività segrete. La  cosuccia/casuccia,  era  così  carina  che  Nicolò  Pollari,   generale  della  Guardia  di  Finanza  a  capo  del  Sismi (nonché grande  amicone  del  prelato manager) la  volle tutta per  sé,   cattandosela  per 4 soldi. La  Villa di Mostacciano (zona  EUR) del Generale  Nicolò Pollari,  è disposta su quattro livelli, 24,5  vani  catastali: due ingressi, due saloni, sei camere, due soggiorni, cinque bagni, due vani guardaroba, lavanderia e garage, tre terrazze, giardino di 1.400 metri e una bella piscina con trampolino. La villa fu  comprata nel 1994 dal San Raffaele del  Don a un prezzo di 2 miliardi e 400 milioni (più del doppio di quanto l’ha pagata Nicolò Pollari). Pare  che  di (“proficui”)  affaroni  come  questi Don  Luigi Maria Verzè  ne  abbia  fatti tanti. Questo  spiegherebbe  (almeno  in  parte) come mai il  San  Raffaele ora si  trova  sull’orlo  del  crak.



L'impero di don Luigi Verzé, che fa capo alla Fondazione San Raffaele del Monte Tabor, con sede  in Via  Olgetttina 60 - Milano  si  sta letteralmente sbriciolando  come la  statua  del gigante dai  piedi  d’argilla (poco più  in là al civico 65 della stessa  via c’è  il  palazzo  delle  veline Bunga Bunga). Per  raccoglierne  i  cocci  forse  non  basterà più neanche dismettere  i  numerosi assets  immobiliari  per  fare  cassa. Nella  lista  delle  dismissioni  figurano: Oasis Aministracao Ltda, Soc.  Agricola Monte Tabor Srl, Progetti  International Srl, Blu  Energy Srl, S.A.T. Srl, Residenza  Alberghiera San  Raffaelle  Srl, Edilraf Spa, Quo  Vadis, Costa  Dorata, Turro, Air Viaggi, VDS2, Science  Parck, Resnati, etc  etc.  La  cessione del patrimonio immobiliare non  sarà poi cosa tanto facile  da  realizzare. Molte  di  queste proprietà son  gravate  da  vincoli ed  ipoteche.  Come il  complesso  immobiliare di  Via  Olgettina,  ed  il  bellissimo  residence  di  Cologno  Monzese (sussiste un’ipoteca  di  1° grado a  garanzia  di  un  finanziamento BEI). Comunque  il  vendibile dovrà essere ceduto alla  velocità  della  luce  per introitare subito risorse  finanziarie fresche da utilizzare per il  ripianamento   dei (moltissimi ed  ingentissimi) debiti. Più  di  1  miliardo  di  euro  di  passività. Tra  le  proprietà vendibili ci  sono aziende agricole, alberghi, aziende di  ristorazione, proprietà terriere, strutture di  cura, aerei, jet, e  persino alcune piantagioni di mango e meloni (in Brasile). Ciò  che  toglie  il  sonno a Don  Verzè  son i  grossi problemi  con banche e  società di  leasing: in  primis Unicredit, BNP, BPM, Cariparma, BPS, Banco  di Sardegna, Italease, Leasint, Ubi  Factor, Mediofactoring, BIIS. Molte case  farmaceutiche  fiutato  il  dissesto  hanno già minacciato  azioni  legali  se  non  rientreranno subito  dei  propri  crediti,  come  le  società: Gilead  Sciences (18,6 mil.  Euro), Pfizer (12,3 mil.  Euro), Merck Serono (12,2 mil.  Euro), Abbott (9,6 mil.  Euro), Dompè (7,6 mil.  Euro), Medtronic (7,5 mil.  Euro), Laboraf (17,1  mil.  Euro)  e  via  di  sto  passo.



Questo,  in  estrema  sintesi, è il  quadro impietoso  che emerge da  un  dossier riservato elaborato  in  questi  giorni  dallo  Studio  Borghesi Colombo & AssociatiBain  &  Bain (che  trovate  quì di seguito  riprodotto  ed  allegato  pdf) che  titola: “Linee  guida del  Piano  di  ristrutturazione e  di  riorganizzazione societaria – 30  marzo 2011. Diciamo  che i  segnali  del  dissesto ci  son  tutti e   son  davvero  conclamati. Bancarotta in  piena  regola.  Ma per  uscire da  sto  casino che  ha  combinato  l’attempato Don (90 anni  suonati) basterà fondare  una  newco? Servirà  costituire  una  nuova  Fondazione? (la  vecchia  ormai  ha  perso  faccia  e  credibilità). E  trasformare  la  Fondazione  in  una  società di  capitali a  che  pro?  Ma  per  accedere  a  nuova  finanza no,  scemini.  Se  no le  banche non scuciranno un  baiocco. Elementare  Watson.  Secondo i  consulenti  finanziari, seguendo  un  particolare  tipo  di schema e/o  procedura  sarà  possibile  mettere in  piedi un  verosimile “piano  di  Ristrutturazione dei  debiti”  e  quindi non  rischiare  che  le  banche  possano  immaginare di  poter incorrere nella “concessione  abusiva  di  credito” (finanziare  una  holding  decotta non sarebbe  formalmente  legale).  Il  Piano  deve  essere  credibile  (almeno  sulla  carta). Gli  istituti  di  credito  eroganti - almeno in linea teorica -  non  potrebbero finanziare la  holding di Don  Verzè  sapendolo insolvente. Comunque, come  la  giri  giri i  conti  non tornano lo  stesso. Lo  stato  patrimoniale  della  fondazione permane da  un  bel  po’  in  stato comatoso (profondo) e le  passività superano di  gran  lunga gli  attivi. In  qualsiasi  paese  normale l’imprenditore  decotto (ma ancora onesto)   porterebbe subito i  libri delle  società in  tribunale. Non   il   prelato-manager  timorato  di  Dio e fido amico  di  Pollari &  Berlusca. Che ha in  mente un’illuminato “Piano  Industriale”  (quasi quasi pare  una delle manovre  finanziarie  del  Premier): contenimento dei  costi  operativi (tagli  selvaggi  al personale, consumi,  spese, manutenzioni e  logistica), razionalizzazione delle  strutture  (accentramento delle  attività  sanitarie), brutali tagli  alle  attività  di  ricerca  etc  etc. Don Verzè anche  in  questo sembra  proprio ad  immagine  e  somiglianza di  Silvio. Ecco  perché quì  in  terra “nessun giudice  potrà permettersi di giudicarlo”. Solo il  Tribunale  di  Dio. Lui comunque, a  differenza del Premier  rifugge le ansietà  terrene.  A Don  Luigi interessa solo servire l’Onnipotente e i suoi  fratelli sofferenti (appunto il Berlusca, Pio Pompa, Bazoli, Geronzi, Profumo, Pollari, Miccichè, Angelucci, Formigoni, Anemone…).

Ah  scusate. Dimenticavo lo storico e  grande amicone  di sempre Ennio Doris (quello  là  con  la  bacchetta  che  disegna sempre i  cerchi).

Che  dirTi mio caro Don Verzè,  speriamo solo nella Divina  Provvidenza. Perché  il  buco  e la  voragine  è  proprio  tutta  intorno  a te.



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Background
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Don  Luigi Maria Verzè, nasce a  Illasi (Verona) il  14  marzo 1920. Figlio di una nobildonna e di un agiato latifondista (che tutto avrebbe voluto tranne vedere l’erede designato del patrimonio innamorarsi della medicina e del sacerdozio). Si laurea in Lettere classiche e filosofia nel 1947 presso l'Università Cattolica di Milano. Viene ordinato sacerdote nel 1948. Nel  1964 dalla  sua  diocesi  gli  viene  proibito  di  “esercitare il  Sacro  Ministero”. Nel 1973 rasenta la  scomunica e dalle gerarchie  cattoliche  viene  sospeso  a  divinis.  Riabilitato decide di reinventarsi un nuovo percorso  di  fede. Diventa  prete-manager tout-court, intrecciando  presso relazioni  d’affari  con la  Edilnord di  Silvio  Berlusconi. Con un pizzico di visionaria megalomania mette in piedi imponenti strutture d’eccellenza e d’avanguardia che le fa assomigliare a moderne cattedrali della cura (gli Ospedali  San Raffaele di Milano e Roma sono tra i  più  importanti  a livello  internazionale). Per finanziarli  reperisce fondi, tesse rapporti con politici ed  imprenditori, diventa  amico dei  banchieri  che  contano garantendosi linee di credito con i  maggiori  istituti  di  credito. Altri (come il professore Luigi Poggi Longostrevi) meno  timorati  di  Dio e dotati  di scarso senso etico penseranno bene  di fare  cassa ed introitare  frodando lo  Stato, ottenendo così dal Sistema  Sanitario Nazionale  ingenti  rimborsi per  prestazioni  inesistenti. Da evidenziare il dipartimento  di odontoiatria del San  Raffaele che annovera tra  le  sue  file una  delle  igieniste  dentali più  fighe in  assoluto, Nicole  Minetti (una  delle  miss  Bunga  Bunga).   Nel  1976 le  toghe  cattocomuniste  condannano  Don Verzè  ad 1  anno  e 4  mesi  di  reclusione per  tentata  corruzione (per  la  convenzione  con  l’Università  Statale  di  Milano  e un  consistente contributo  della  Regione Lombardia). Nel  1977 Il  nostro carismatico Don viene incriminato  per  corruzione e riconosciuto colpevole  di  istigazione  alla  corruzione (a  tutt’oggi ancora  in  attesa  della  sentenza  definitiva). Nel  1995 è nuovamente inquisito dalla toghe  rosse  della Procura  di  Milano  per  irregolarità nei  lavori  di  costruzione  del  San  Raffaele. Altra  condanna  di  1  anno  e 4  mesi  di  reclusione  per l’acquisto  e  la  ricettazione di due quadri del '500 di scuola napoletana  proventi  di  furto (si  suppone  che  il prelato  sapesse della  provenienza illecita). Tutte condanne  che il  battagliero Don  Verzè  rispedisce  al mittente snocciolando le  cifre della  riconosciuta eccellenza clinico-scientifica del suo lavoro. Il  San Raffaele ad  esempio, è diventato  un terreno di sfide estreme della scienza. Ha  sviluppato in collaborazione con il Mit of Boston un progetto di cui don Luigi è particolarmente orgoglioso: ai pazienti viene impiantato un’ipertecnologico microchip sottocutaneo e l’ospedale, attraverso un collegamento telematico continuo, è in grado di interagire in  tempo  reale intervenendo. Come  dice  Don Luigi: “è un altro passo avanti verso una frontiera mai esplorata ma sempre intimamente cullata: quella dell’immortalità”… ecco  perché  Silvio  spera  di  vivere a lungo  (“Silvio Berlusconi mi ha chiesto di farlo campare fino a 150 anni” disse il don in  un’intervista). Per  la  sua  creatura - il  San  Raffaele - si  potrebbe tranquillamente  parlare di nuovo  Eldorado culturale;  etica  e bioetica convivono armoniosamente. Ogni malato è  considerato un “tabernacolo  d’oro” Si fa  ricerca  avanzata a 360° studiando il  ringiovanimento delle  cellule  staminali  adulte,  gli  embrioni, la  fecondazione  artificiale  in  vitro. Tanto biblico, evangelico e  sacrale rispetto per l’uomo (uomo-individuo in  quanto  tale  come  direbbe  Elio) s’appaleserà in  tutta  la  sua spiritualità nel  2006,  quando  don Verzè aiuterà  un  amico  medico -  gravemente  ammalato - a  raggiungere  il  padreeterno impartendogli l’eutanasia (però solo dopo  avergli  impartito  l’estrema unzione). Ama  leggere,  meditare, ama le  Banche  ed il grano (grano  inteso  come  quattrini). Ha  simpatie per il maestro Riccardo Muti, Umberto Veronesi, l’ex  sindaco-filosofo Cacciari e l’attore-regista Roberto Benigni.  Ammira Silvio Berlusconi (Silvio  gli  baciò  la  mano  solo dopo la celebre  frase  del  don “nelle  persone  so riconoscere  il  profuno  di  santità”) nonché Madre  Teresa  di Calcutta, Muhammar Gheddafi, Fidel   Castro, gli angeli, gli  arcangeli, San Raffaele Protomartire, Benedetto Craxi (detto Bettino) e  nostro  signore Gesù  Cristo.  Don Verzè ha una taumaturgica antipatia  per il  Concilio Vaticano II (e  forse  anche  il  I°), per alcuni  papi (v.  Ratzinger)  e per  il  celibato.  Odia visceralmente Rosy Bindi, tutti i bolscevico-comunisti e tutti  quelli  che  scrivono  stronzate senza  prima  riflettere, come  alcuni  attivisti di  Indymedia (con  particolare  riguardo di tal mediattivista  che scrive scemenze firmandosi mister  Bean).

San Raffaele e Sua sanità Don Verzè sull’orlo  della  bancarotta.
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San Raffaele e Sua sanità Don Verzè sull’orlo  della  bancarotta.
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San Raffaele e Sua sanità Don Verzè sull’orlo  della  bancarotta.
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author by Mr. Bean - intercopiator®publication date ven apr 15, 2011 17:43Report this post to the editors

Vittorio Malagutti  "Il Fatto Quotidiano"



SANTI BUFFI - CON 900 MILIONI € DI DEBITI A DON VERZÉ SERVE UN MIRACOLO PER SALVARE IL SUO GRUPPO - MA DIO, AZIONISTA DI RIFERIMENTO, NON INTENDE APRIRE IL PORTAFOGLI E RICAPITALIZZARE E ALLORA IL RIASSETTO DELLA SOCIETà PASSA ATTRAVERSO OPERAZIONI FINANZIARIE E LA DISMISSIONE DELLE ATTIVITA’ NON LEGATE AL BUSINESS OSPEDALIERO (PIANTAGIONI DI MANGO IN BRASILE) - CHISSA’ COSA DIRA’ VENDOLA, CHE HA FINANZIATO CON I SOLDI DELLA REGIONE PUGLIA IL “SAN RAFFAELE MEDITERRANEO” DI TARANTO…


Ai bei tempi amava ripetere che i debiti e le perdite sono affari del suo socio di maggioranza, che poi sarebbe (dice lui) nientemeno che Dio. Ma ormai il proverbiale buonumore di don Luigi Verzé non basta più a tenere lontani i problemi finanziari che stringono d'assedio la sua creatura, il grande business ospedaliero targato San Raffaele.

E neppure la strettissima amicizia che lo lega a Silvio Berlusconi riesce a metterlo al riparo dall'onda lunga della crisi di bilancio. Così, dopo le voci e le indiscrezioni che da tempo circolano negli ambienti bancari, ieri don Verzé, 91 anni appena compiuti, ha ammesso che il gruppo sta studiando un riassetto delle attività per far fronte ai problemi finanziari.

Ormai i debiti hanno superato i 900 milioni di euro e allora servono interventi straordinari per riportare in linea di galleggiamento i conti della Fondazione Monte Tabor, la cassaforte finanziaria a cui fanno capo gli ospedali. Visto che Dio, socio di maggioranza del gruppo, per il momento non si è fatto vivo, don Verzé ha pensato bene di affidarsi agli specialisti della finanza. In primis a Carlo Salvatori, 69 anni, già al vertice di Intesa, Banca di Roma Unicredit e da ultimo Unipol, lasciata nel 2010 per approdare alla presidenza della banca d'affari Lazard in Italia.

Al banchiere cattolico, a cui sono attribuite simpatie per l'Opus Dei, toccherà studiare un piano, recita il comunicato ufficiale, di "ristrutturazione societaria, organizzativa e finanziaria". Snodo centrale dell'intervento sarebbe la creazione di una nuova società per azioni a cui verrebbero trasferite le attività ospedaliere.

Ed ecco, allora, la sorpresa del giorno: la neonata spa sarebbe aperta all'ingresso anche di nuovi soci. Come dire, per far fronte alla crisi la Fondazione Monte Tabor cerca l'aiuto di azionisti esterni. È la prima volta nei 40 anni di storia dell'istituzione. La svolta di questi giorni arriva al termine di un percorso molto accidentato. Nei mesi scorsi i manager di don Verzé avevano già contattato molti grandi istituti di credito per studiare un piano di rientro soft dai debiti. Tra le banche coinvolte, in prima fila c'è Intesa, grande finanziatore del gruppo ospedaliero. E dai negoziati con i maggiori finanziatori sarebbe alla fine emersa la soluzione di aprire le porte a nuovi soci.

L'annuncio di ieri rompe una tradizione fatta di annunci roboanti e piani d'espansione. Il San Raffaele da tempo è impegnato a sviluppare due nuovi centri ospedalieri da aggiungere al polo originario nato alle porte di Milano. C'è il San Raffaele del Mediterraneo, il nuovo ospedale destinato a sorgere a Taranto con i finanziamenti della regione Puglia presieduta da Nichi Vendola.

E poi di nuovo al nord c'è il progetto del centro ricerche Quo Vadis, in Veneto, specializzato nelle ricerche genetiche. Obiettivo dichiarato: allungare gli orizzonti di vita dell'umanità. "Puntiamo ad arrivare a 120 anni d'età", ha più volte ripetuto Berlusconi con inneggiando all'opera del suo amico don Verzé. Progetto ambizioso, non c'è che dire, ma d'altra parte il prete imprenditore ama ripetere che "non è il denaro a fare le idee, ma le idee a fare il denaro".

Adesso però non c'è più tempo. I soldi servono in fretta. E quindi oltre ad accogliere a braccia aperte eventuali nuovi azionisti don Verzé è pronto a mettere in vendita anche l'argenteria di famiglia. Immobili, tanto per cominciare. E poi anche partecipazioni finanziarie e le attività non strettamente legate al business ospedaliero. Negli anni infatti il gruppo San Raffaele si è lanciato nei più disparati investimenti, alcuni piuttosto sorprendenti.

La Fondazione del Monte Tabor ha comprato piantagioni di mango in Brasile, alberghi e terreni in Sardegna, perfino un jet controllato da una società con base in Nuova Zelanda. Solo che, tirando le somme, queste attività hanno fin qui creato solo perdite. Il solo leasing sull'aereo, un Challenger 604 gestito da Fininvest, è costato nel 2009 oltre 10 milioni di deficit. Non va bene neppure la Molmed, società di ricerche quotata in Borsa di cui il Monte Tabor è azionista di riferimento. Ora tutto, o quasi, è in vendita. In attesa che arrivino anche i nuovi azionisti. In attesa che si faccia vivo Dio, le banche scommettono su Berlusconi.
San Raffaele e Sua sanità Don Verzè sull’orlo  della  bancarotta.
San Raffaele e Sua san
ità Don Verzè sull’orlo della bancarotta.
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"Rifiutare di avere opinioni è un modo per non averle. Non è vero?" Luigi Pirandello (1867-1936)