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venerdì 4 marzo 2011

Il 6 aprile a Francoforte e non a Milano ballerà il pavimento su cui poggia Berlusconi


ROMA-A volte, le coincidenze…Il sei di aprile non c’è solo Milano con il suo processo Berlusconi-Ruby, c’è anche Francoforte con la riunione della Bce. Che c’entrano, che “ci azzeccano” a parte appunto la coincidenza di data in calendario? Nulla, se non fosse che il Rubygate in Italia forse non sposta un voto e di certo non sloggia governi mentre quel giorno, lo stesso giorno, si avvia a Francoforte un trasloco gigante di denaro che può asciugare e dirottare fiumi di consenso a qualunque premier, in particolare quello italiano. Il sei di aprile la Banca Centrale Europea alzerà i tassi di interesse sul denaro, il governatore Trichet lo ha praticamente annunciato, manca solo il timbro: “Non è certo ma è possibile un rialzo dei tassi di interesse il mese prossimo”. Quando un governatore parla così ai mercati vuol dire che è fatta e che tutti, aziende, governi e famiglie, lavoratori, sindacati, risparmiatori e banche possono già cominciare a rifarsi i conti. Conti che cambieranno per tutti e per l’Italia saranno conti amari.
Non sarà una catena di rialzi dei tassi di interesse di cui quello del sei aprile solo il primo anello: Trichet ha provato ad avvertire senza spaventare. Però si passerà dall’attuale un per cento a 1 e 25 se non a 1 e 50. Un aumento del 25 o del 50 per cento del costo del denaro. L’Italia paga ogni anno circa 70 miliardi di interessi sul debito pubblico, diventeranno subito più di settanta miliardi, tendenti ad ottanta. Il di più da pagare Tremonti lo dovrà trovare per via fiscale, insomma con le tasse, oppure tagliando spesa pubblica. In entrambi i casi l’opinione pubblica, ed elettorale, non gradirà. Pagheranno di più le aziende che si finanziano presso le banche, faranno quindi maggiore fatica di quanta già oggi non fanno a riassorbire disoccupazione. I loro prodotti costeranno di più e quindi avranno prezzi più alti con cui venderli sui mercati internazionali. E poichè oggi il mercato, la domanda interna italiana è sostanzialmente ferma o stagnante nella gran parte dei settori, poichè chi vende vende soprattutto all’estero sarà altra delusione e nervosismo per il sistema e gli uomini delle imprese. E il cittadino consumatore si troverà in ogni negozio o supermercato ogni mattina di fronte all’amaro “perché” del rialzo dei tassi: l’inflazione, l’aumento dei prezzi che la Bce oggi stima in media per il 2011 tra il 2 e il 2,6 per cento. Media europea, l’Italia è nei posti di prima fila. Sembra poco, relativamente poco una media tra il 2 e il 2,6 per cento. Ma ciò che impressiona è la velocità: appena un mese fa la Bce stimava la “forchetta” tra l’uno virgola tre e il 2,3 per cento, l’inflazione minima, il “pavimento” si è innalzato di 0,7 punti in poche settimane. Prova Trichet a calcorare e dire che la cura anti inflazione, appunto il rialzo dei tassi, non farà male più di tanto alla ripresa economica europea: la Bce stima una ripresa su scala europea tra l’uno virgola tre e il 2,1 per cento nel 2011. Appena ieri stimava una “forchetta” tra 0,7 e 2,1 per cento. Dunque si è alzato anche il “pavimento” della ripresa, di 0,6 punti. Ma l’Italia che è nelle posizioni di testa quanto a inflazione è in quelle di coda quanto a percentuali di ripresa. Quindi scivola sul “pavimento” buono, quello della ripresa e resta inchiodata al pavimento cattivo, quello dell’inflazione.
Finisce, comincia a finire il periodo che dura da tre anni: garanzia, soldi e debito pubblico per mettere tutta la società più o meno al riparo dalle conseguenze dirette della crisi finanziaria mondiale. Si incrina la relativa invulnerabilità dei portafogli e dei patrimoni familiari di fronte alla grande crisi economica. L’Europa si avvia a convivere con un’inflazione che fa la barba al tre per cento, l’Europa del sud sforerà di fatto quella barriera. L’inflazione sarà una tassa, e che tassa, sui redditi e sui patrimoni. Tassa obbligata per asciugare almeno in parte il mare dei debiti “sovrani”, cioè degli Stati. Tassa che potranno agevolmente pagare paesi dove aumenta il Pil e la ripresa, tassa che sarà dolorosa e quasi insopportabile dove questo non avviene o avviene al rallentatore.
Il sei di aprile a Milano a Palazzo di Giustizia forse non avverrà nulla e neanche a Palazzo Grazioli e a Palazzo Chigi. Nonostante tutti i riflettori saranno quel giorno puntati su quei Palazzi, l’Italia guardando là e solo là potrà avere l’impressione che nulla davvero succede e si muove. E probabilmente non sbaglierà: quel processo forse non si farà mai fino in fondo, Berlusconi resterà presidente del Consiglio, non si cambierà nè governo nè maggioranza e non ci saranno nè dimissioni nè elezioni. Non si muoverà nulla, tranne il “pavimento” sotto i piedi dell’economia, delle imprese, delle famiglie. Ma succederà a Francoforte e ci sembrerà, per strabica miopia, se qualcosa del genere esiste, un posto lontano.

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