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E per celebrare degnamente i 150 anni dell'unità d'Italia che a questo assassino
è stato permesso pietosamente di rientrare dall'esilio ?
1- DOPO 33 ANNI VITTORIO EMANUELE DI SAVOIA AMMETTE DI AVER UCCISO DIRK HAMER, SPARANDOGLI COL SUO FUCILE SULL’ISOLA DI CAVALLO, IN CORSICA. "IL FATTO" METTE IN RETE UN VIDEO, RIPRESO DA UNA MICROCAMERA NASCOSTA NEL CARCERE DI POTENZA NEL 2006, NEL QUALE IL PRINCIPE SI VANTA DELL’OMICIDIO E DI ESSERE RIUSCITO A FARLA FRANCA NEL PROCESSO-FARSA IN FRANCIA (DAGOSPIA FI CONDANNATO DAL TRIBUNALE A PAGARE 50 MILA EURO PER AVER DATO DELL’ASSASSINO ALL’EREDE AL TRONO) - 2- È UN FILMATO INEQUIVOCABILE: “IO HO SPARATO UN COLPO COSÌ E UN COLPO IN GIÙ, MA IL COLPO È ANDATO IN QUESTA DIREZIONE, È ANDATO QUI E HA PRESO LA GAMBA SUA, PASSANDO ATTRAVERSO LA CARLINGA” E POI SI VANTA DI AVER GABBATO IL TRIBUNALE PARIGINO CHE L’HA ASSOLTO, GRAZIE ALLA SUA “BATTERIA DI AVVOCATI” -
Beatrice Borromeo per Il FattoCarcere di Potenza, 2006: Vittorio Emanuele è nella cella dov'è detenuto per l'inchiesta su Vallettopoli. Indossa una maglietta bianca con la scritta Nissan sulla schiena. Passeggia tra i letti a castello del penitenziario. E commenta le notizie del telegiornale che parlano di lui con i suoi compagni di prigione.
È divertito, allegro. I coindagati Rocco Migliardi, Gian Nicolino Narducci e Ugo Bonazza, reclusi con lui, lo incitano: "Lei è già fuori!". L'"erede al trono" cede alla tentazione dell'autocompiacimento, non è la prima volta che se la cava con poco: "Nel mio processo a Parigi...".
È divertito, allegro. I coindagati Rocco Migliardi, Gian Nicolino Narducci e Ugo Bonazza, reclusi con lui, lo incitano: "Lei è già fuori!". L'"erede al trono" cede alla tentazione dell'autocompiacimento, non è la prima volta che se la cava con poco: "Nel mio processo a Parigi...".
Inizia così una confessione che oggi il fattoquotidiano.it è in grado di mostrarvi: a immortalarla non c'erano soltanto le cimici, come si pensava, ma anche una microcamera nascosta. È un filmato inequivocabile, che rievoca la notte tra il 17 e il 18 agosto 1978: un ragazzo tedesco di 19 anni, Dirk Hamer, viene raggiunto da due colpi di fucile alla gamba destra. Muore dopo 111 giorni, 19 operazioni e l'amputazione dell'arto. Un solo imputato: Vittorio Emanuele, che nega qualsiasi responsabilità. Alla fine la giuria francese lo dichiara innocente, dopo un processo durato appena tre giorni.
Quando nel 2006 i giornali pubblicano stralci dell'intercettazione ambientale in cui si vanta di aver "fregato" i giudici francesi e ricostruisce la traiettoria delle sue fucilate, Vittorio Emanuele convoca una conferenza stampa, nell'evocativa saletta dell'hotel Principe di Savoia a Milano. Accompagnato dai legali e dal figlio Emanuele Filiberto, sminuisce le sue esternazioni su Dirk Hamer e dice che sono state falsificate: "Queste notizie sono talvolta manipolate o non sono vere. Ma ora è il momento di parlare, di far emergere la verità".
Vittorio Emanuele E la sua verità è questa: "Due tribunali francesi si sono pronunciati prosciogliendomi da ogni responsabilità. Lo hanno fatto perché ci sono prove chiare. La pallottola che ha colpito il ragazzo non poteva essere del mio fucile. Qualcuno ha sparato con una pistola a quel povero ragazzo, ecco la verità".
Dichiarazioni che ora vengono clamorosamente neutralizzate dalle testuali parole che lui stesso ha pronunciato in carcere, ignaro della microcamera che registrava: "Io ho sparato un colpo così e un colpo in giù, ma il colpo è andato in questa direzione, è andato qui e ha preso la gamba sua, che era (parola incomprensibile, ndr) steso, passando attraverso la carlinga". Spiega il tipo di proiettile: "Pallottola trenta zero tre".
Il principe ammette quindi di aver colpito Dirk e si vanta di aver gabbato il Tribunale parigino che l'ha assolto, grazie alla sua "batteria di avvocati". Rievoca "il processo, anche se io avevo torto ... torto...". E aggiunge: "Devo dire che li ho fregati... Il Procuratore aveva chiesto 5 anni e 6 mesi. Ero sicuro di vincere. Ero più che sicuro". Infatti "mi hanno dato sei mesi con la condizionale: sei mesi, c'era un'amnistia, non l'hanno neanche scritto! Sono uscito!". Scoppia a ridere, senza trattenere la soddisfazione.
Il principe ammette quindi di aver colpito Dirk e si vanta di aver gabbato il Tribunale parigino che l'ha assolto, grazie alla sua "batteria di avvocati". Rievoca "il processo, anche se io avevo torto ... torto...". E aggiunge: "Devo dire che li ho fregati... Il Procuratore aveva chiesto 5 anni e 6 mesi. Ero sicuro di vincere. Ero più che sicuro". Infatti "mi hanno dato sei mesi con la condizionale: sei mesi, c'era un'amnistia, non l'hanno neanche scritto! Sono uscito!". Scoppia a ridere, senza trattenere la soddisfazione.
Per Birgit Hamer, la sorella di Dirk, che nel 2006 legge queste intercettazioni ambientali sui giornali, diventa fondamentale capire se davvero, come sostiene Savoia nella conferenza stampa, le trascrizioni sono state manipolate o meno. Perché se fossero autentiche e testuali metterebbero -spiega lei-"la parola fine su questa storia: sarebbe impossibile negare che, a prescindere dalle sentenze, Savoia sia il vero e unico responsabile della morte di mio fratello".
Ma la signora Hamer, che a 20anni rinunciò a una carriera di top model e attrice per dedicare la sua vita a dare giustizia al fratello in tribunale e poi a confutare la sentenza, vive da dieci anni in Spagna con le figlie, Sigrid e Delia. Non ha più contatti diretti con i giornalisti, non sa a chi rivolgersi. Comincia a scrivere e a telefonare a tutte le persone coinvolte nel processo Vallettopoli che ha portato Savoia in carcere (verrà poi prosciolto).
Ma la signora Hamer, che a 20anni rinunciò a una carriera di top model e attrice per dedicare la sua vita a dare giustizia al fratello in tribunale e poi a confutare la sentenza, vive da dieci anni in Spagna con le figlie, Sigrid e Delia. Non ha più contatti diretti con i giornalisti, non sa a chi rivolgersi. Comincia a scrivere e a telefonare a tutte le persone coinvolte nel processo Vallettopoli che ha portato Savoia in carcere (verrà poi prosciolto).
Scopre così che agli atti dell'inchiesta è depositata non solo la trascrizione delle frasi,ma anche la videoregistrazione del colloquio fra il principe e i compagni di cella. "Cosa c'è di più inequivocabile di un filmato,per capire come stanno le cose?", domanda la Hamer parlando con il Fatto. Il tempo passa. Vittorio Emanuele viene prosciolto dal gip di Potenza (come spiega qui sotto Gianni Barbacetto).
Solo a questo punto Birgit può fare istanza al Tribunale per ottenere copia della registrazione. Trova un avvocato nel capoluogo lucano che la rappresenti. Ma aspetta quasi un anno senza avere risposte. Poi scopre che parte del processo è stata trasferita alla Procura di Roma. Qui si rivolge a un altro legale che inoltra una seconda istanza ben motivata: "La signora Hamer ha il diritto costituzionalmente garantito alla verità sulla morte del fratello".
Trascorre qualche altro mese (pare che la registrazione sia andata perduta), poi finalmente l'avvocato chiama: il filmato è stato recuperato, può passare a ritirarlo. Quando Birgit vede il video, è la prima volta che ascolta la voce di Vittorio Emanuele dai tempi del processo a Parigi. Le bastano pochi minuti per rendersi conto che non ci sono manipolazioni.
Sono molte le parole incomprensibili e il principe, mentre racconta la notte in cui Dirk viene ferito a morte, è di spalle. Ma, ciò nonostante, risultano evidenti sia il contesto sia l'ammissione di colpa, che nelle intenzioni di Savoia è un vanto. Le frasi più gravi si sentono nitidamente, e con queste anche le risate e le battute, tutte pronunciate col timbro di voce inconfondibile dell'erede di Casa Savoia.
La Hamer piange, ma è felice come non lo era mai stata negli ultimi trent'anni: "Guardare quel video è orrendo, ma dà anche un grandissimo sollievo. Ora quel signore non potrà mai più sostenere che non ha sparato a mio fratello: ho vinto la mia battaglia, anzi quella di Dirk". a farla franca nel processo-farsa in Francia.
panorama savoia nudo cover 2- LA VITA SOTTO PROCESSO DEL PIDUISTA NUMERO 1621, DIVENTATO MAESTRO DELLA LOGGIA Ci sono Paesi che hanno in sorte dalla storia personaggi esemplari e altri che invece si devono accontentare. L'Italia s'accontenta. Deve accontentarsi perfino degli eredi della dinastia che 150 anni fa ha realizzato l'Unità della nazione. Oggi Emanuele Filiberto di Savoia balla sotto le stelle e occupa le pagine dei giornali di gossip, tra un tronista e una velina.
Famiglia Savoia Suo padre, Vittorio Emanuele, ha fatto per anni l'indagato per gravi reati e oggi si consola sventolando i proscioglimenti giudiziari che lo fanno finalmente uscire da brutte storie di corruzione , associazione a delinquere, sfruttamento della prostituzione. Ma vale la pena di raccontarla tutta, la storia di Vittorio Emanuele Alberto Carlo Teodoro Umberto Bonifacio Amedeo Damiano Bernardino Gennaro Maria di Savoia, nato a Napoli il 12 febbraio 1937.
Italiano offshore, il primo della dinastia che ha ottenuto il privilegio di rientrare in patria, superando le disposizioni transitorie della Costituzione repubblicana che proibivano il ritorno in Italia dei discendenti maschi dei Savoia: quelli che avevano aperto la strada alla dittatura fascista, approvato le leggi razziali e abbandonato il Paese al suo destino dopo l'8 settembre.
Dopo studi faticosi, Vittorio Emanuele si dà agli affari. Fa il mediatore, il piazzista di lusso. Un "manager" davvero speciale: quando ancora non poteva rientrare in Italia, ha a lungo trafficato all'ombra delle Partecipazioni statali, operando per aziende di quello Stato in cui non poteva mettere piede.
Ha un ruolo, per esempio, negli affari realizzati a Bandar Abbas, in Iran: lì gli italiani buttano parecchi soldi (pubblici) per costruire un'acciaieria (Italimpianti) e un porto (Condotte). Un disastro industriale, ma che fa girare molti miliardi. Poi, tra gli anni Settanta e gli Ottanta, il suo nome finisce nelle indagini sui traffici d'armi del giudice di Venezia Carlo Mastelloni e di quello di Trento Carlo Palermo. Le inchieste planano a Roma e vengono archiviate in quello che allora era chiamato il "porto delle nebbie".
Come molti dei protagonisti di quei traffici, anche il Savoia è iscritto alla loggia P2 di Licio Gelli. Alla lettera S dell'elenco sequestrato nel marzo 1981 dai magistrati milanesi Giuliano Turone e Gherardo Colombo alla Giole di Castiglion Fibocchi, si legge: "Savoia Vittorio Emanuele, casella postale 842, Ginevra". La tessera è la numero 1621. Il principe aveva raggiunto il terzo grado della gerarchia massonica, quello di Maestro.
Nel 2002 vince la battaglia per tornare in Italia. Ma il rientro, in effetti, non c'è stato: tra l'amor di Patria e un regime fiscale più favorevole, Vittorio Emanuele ha evidentemente preferito il secondo, rimanendo a Ginevra, in Svizzera. Continuando però a fare affari in Italia. Tanto da incappare in una disavventura giudiziaria che gli è costata l'arresto. Era già stato processato in Francia per la morte di Dirk Hamer, raggiunto da un proiettile la notte del 18 agosto 1978 all'isola di Cavallo.
savoia3 gbartefatti savoia prigioneCome molti dei protagonisti di quei traffici, anche il Savoia è iscritto alla loggia P2 di Licio Gelli. Alla lettera S dell'elenco sequestrato nel marzo 1981 dai magistrati milanesi Giuliano Turone e Gherardo Colombo alla Giole di Castiglion Fibocchi, si legge: "Savoia Vittorio Emanuele, casella postale 842, Ginevra". La tessera è la numero 1621. Il principe aveva raggiunto il terzo grado della gerarchia massonica, quello di Maestro.
Nel 2002 vince la battaglia per tornare in Italia. Ma il rientro, in effetti, non c'è stato: tra l'amor di Patria e un regime fiscale più favorevole, Vittorio Emanuele ha evidentemente preferito il secondo, rimanendo a Ginevra, in Svizzera. Continuando però a fare affari in Italia. Tanto da incappare in una disavventura giudiziaria che gli è costata l'arresto. Era già stato processato in Francia per la morte di Dirk Hamer, raggiunto da un proiettile la notte del 18 agosto 1978 all'isola di Cavallo.
E prosciolto nel novembre 1991 dalla Chambre d'accusation di Parigi dall'accusa di omicidio volontario, anche se condannato a 6 mesi con la condizionale per porto abusivo d'arma da fuoco. Nel 2006 è un pubblico ministro di Potenza, Henry John Woodcock, che nell'ambito dell'inchiesta chiamata Vallettopoli chiede che il Savoia sia portato in cella, con l'accusa di associazione a delinquere, corruzione, sfruttamento della prostituzione.
Viene arrestato il 16 giugno 2006. Woodcock gli contesta di aver "promosso e organizzato una holding del malaffare specializzata in corruzioni di vario tipo, specie nel settore del gioco d'azzardo". Con una dozzina di complici, è coinvolto - secondo l'ipotesi d'accusa - in un giro di tangenti per ottenere dai Monopoli di Stato certificati per l'installazione di videopoker, le cosiddette "macchinette mangiasoldi", attività che avrebbe favorito anche il riciclaggio di denaro, tramite "relazioni con casinò autorizzati e, in particolare, con il casinò di Campione d'Italia".
Viene arrestato il 16 giugno 2006. Woodcock gli contesta di aver "promosso e organizzato una holding del malaffare specializzata in corruzioni di vario tipo, specie nel settore del gioco d'azzardo". Con una dozzina di complici, è coinvolto - secondo l'ipotesi d'accusa - in un giro di tangenti per ottenere dai Monopoli di Stato certificati per l'installazione di videopoker, le cosiddette "macchinette mangiasoldi", attività che avrebbe favorito anche il riciclaggio di denaro, tramite "relazioni con casinò autorizzati e, in particolare, con il casinò di Campione d'Italia".
Il Tribunale del riesame e poi la Corte di cassazione riconoscono e confermano l'esistenza di gravi indizi nell'indagine partita da Potenza. Ma poi l'inchiesta è smembrata. La corruzione dei Monopoli di Stato va alla Procura di Roma. La corruzione per il casinò di Campione e lo sfruttamento della prostituzione (donne e sesso usati come tangenti) va alla Procura di Como. Solo l'associazione a delinquere, slegata dai reati-fine, resta a Potenza.
Risultato: Como archivia; Roma archivia; Potenza arriva al rinvio a giudizio, ma poi il tribunale si dichiara incompetente e invia gli atti a Roma. Nella Capitale, un nuovo pubblico ministero chiede un secondo rinvio a giudizio, ma il giudice dell'indagine preliminare alla fine proscioglie.
Vittorio Emanuele, da Ginevra, può cantare vittoria e sostenere, come aveva dichiarato già nel 2006, di essere rimasto vittima di un "sistematico attacco per far sprofondare la nostra immagine", proprio mentre "Casa Savoia aveva indici di gradimento molto alti". Ci pensa suo figlio a recuperare il "gradimento", ballando in tv e comparendo sorridente sui rotocalchi di fascia bassa.
Vittorio Emanuele, da Ginevra, può cantare vittoria e sostenere, come aveva dichiarato già nel 2006, di essere rimasto vittima di un "sistematico attacco per far sprofondare la nostra immagine", proprio mentre "Casa Savoia aveva indici di gradimento molto alti". Ci pensa suo figlio a recuperare il "gradimento", ballando in tv e comparendo sorridente sui rotocalchi di fascia bassa.
A nessuno dei due passa per la mente che ci sono comportamenti che, anche se non riconosciuti penalmente rilevanti, sono comunque disdicevoli per uomini che vorrebbero far parte della storia del loro Paese. Ma ci sono Paesi che hanno in sorte personaggi esemplari e altri che invece si devono accontentare.
Non so come vada la giustizia in Francia ma sembrerebbe che con queste dichiarazioni ci potrebbe essere nuovo materiale per riaprire il processo.
RispondiEliminaDel resto spesso si accettano confessioni fatte da galeotti a compagni di cella, non vedo perché una dichiarazione autentica del principe non dovrebbe contare.
Che fosse stato lui per la verità ce lo aspettavamo già tutti da tempo e ci chiedevamo come diavolo avesse fatto a scamparla alla giustizia.
Speriamo che ora si possa rimediare all'errore giudiziario e si possa restituire un po' di pace alla sorella di Hamer.
Non si puo ripetere il processo!
RispondiEliminaOrmai i gradi di giudizio sono stati tutti percorsi...qui in Francia,io sono anche francese non vanno tanto per il sottile con il garantismo (...) punto restando che per gli affari di mafia invece agiscono i servizi con un killeraggio rapidissimo più che...le aule di giustizia.