1) IL SOLITO INTREPIDO POLIZIOTTO CHE SVENTA DA SOLO IMPROBABILI ATTENTATI!
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Due “mezzi” attentati, lo stesso agente di scorta: Belpietro e D’Ambrosio, quante coincidenze
30 settembre 2010. Alessandro N., agente di polizia di scorta al direttore di Libero Maurizio Belpietro, dopo aver accompagnato a casa il suo “protetto” sorprende un uomo sulle scale del palazzo. L’aggressore, tratti caucasici secondo l’identikit dell’agente, gli punta contro la pistola che fortunatamente si inceppa. A.N. lo insegue, spara tre colpi, ma l’uomo è veloce e riesce a fuggire.
14 aprile 1995. Uno dei pm del pool mani pulite, Gerardo D’Ambrosio, è tranquillamente in casa. Uno degli uomini della sua scorta vede dalla finestra un uomo che armeggia con un oggetto sospetto che ha tutta l’apparenza di un fucile. Piove, la visibilità non è buona: eppure A.N., lo stesso agente di Belpietro, si precipita fuori e lo insegue. Stavolta non c’è neppure bisogno di aprire il fuoco: lo sconosciuto è già lontano.
Una coincidenza che lascia riflettere. Un agente di scorta eroe per due volte nella stessa vita. Di curioso c’è anche il fatto che Alessandro dopo aver sventato la presunta minaccia a D’Ambrosio venne promosso in squadra mobile. Promozione durata poco perché l’agente, dopo qualche anno, ha scelto di tornare a fare scorte. E a completare il festival delle coincidenze c’è che l’inchiesta, nel 2010 come nel 1995, finirà sul tavolo dello stesso magistrato, Ferdinando Pomarici.
D’Ambrosio lo ricorda come “uno che prendeva molto sul serio il suo lavoro” ma confessa, a distanza di 15 anni di non aver mai preso granchè sul serio la minaccia. Tre lustri, però, non hanno annebbiato i ricordi dell’allora Procuratore: “Ricordo che Alessandro citofonò e mi disse ”Procuratore non scenda resti su a casa: mi affacciai alla finestra del mio appartamento. Il mio palazzo affaccia su un pezzo di strada che dà su una asilo e vidi soltanto un uomo che parlava con una donna all’interno dell’asilo. Non vidi assolutamente nulla, non mi accorsi di nulla. Poi una volta in strada Alessandro, bagnato fradicio e in stato di alterazione, mi spiegò che aveva inseguito una persona proprio dentro l’asilo, un uomo armato di fucile che poi aveva saltato un muro ed era scappato su una moto guidata da un complice. Ma io non mi accorsi di nulla. So che l’indagine non approdò poi a nulla, credo che il fascicolo fu aperto dal collega Pomarici (lo stesso magistrato che ha il fascicolo sul presunto attentato a Belpietro, ndr) e se non sbaglio successivamente la vicenda fini’ a Brescia”.
”Quello che mi ha stupito – spiega D’Ambrosio – oltre alla coincidenza delle due vicende, è il fatto che Alessandro abbia sparato tre colpi di pistola e a meno che non abbia fatto fuoco a scopo intimidatorio, un professionista, con una calibro nove parabellum difficilmente non colpisce il bersaglio da quella distanza. Comunque aspettiamo l’esito delle indagini”. Nell’indagine sull’attentato a D’Ambrosio, ci finì poi anche quella persona che lo stesso magistrato vide dalla finestra della sua abitazione parlare con una donna nell’asilo. Una ipotesi investigativa e giornalistica lo descrisse come un complice che era sul luogo per distrarre eventuali testimoni. ”Quella persona che avevo visto – racconta l’ex capo del pool di Mani pulite – mi avvicino’ successivamente al supermercato, abitava nella mia zona. Era un signore distinto, gentile che con ironia lieve mi disse: ‘Permette che mi presenti dottor D’Ambrosio? Io sono la persona che secondo qualcuno avrebbe dovuto partecipare al suo omicidio…”
2) IL COLPO INCEPPATO DELLA PISTOLA!
BELPIETRO E IL POLIZIOTTO che ha sventato l'attentato, hanno dichiarato che il killer ha premuto il grilletto di una pistola puntata in faccia al poliziotto, ma l'arma si è INCEPPATA. Le pistole semiautomatiche, tutte, di qualsiasi marca, sia che siano dotate di percussore lanciato, oppure di cane, nel caso di pistole a doppia azione (funzione semiautomatica e revolver), non possono fare scattare il percussore se il proiettile non è in canna (ovvero se non si è scarrellato). Se si è scarrellato, il percussore, di qualsiasi tipo sia, scatta e percuote il bossolo facendo esplodere la polvere e quindi facendo partire il proiettile. IL PROIETTILE POTREBBE NON PARTIRE SOLO NEL CASO DI UN DIFETTO DELLO STESSO, MA NON SI INCEPPA L'ARMA: IL PERCUSSORE BATTE, NON AVVIENE NESSUNA ESPLOSIONE, QUINDI IL CARRELLO NON SI MUOVE PER ESPELLERE IL BOSSOLO VUOTO E PER TALE RAGIONE L'ARMA NON PUO' DIRSI INCEPPATA. Questo in caso si tratti di pistola, perché in caso l'arma corta sia un revolver, l'inceppamento dell'arma è impossibile in quanto non vi è espulsione del bossolo. TUTTI GLI INTERESSATI CONTINUANO A PARLARE DI ARMA INCEPPATA SENZA CHE ABBIA SPARATO UN SOLO COLPO: QUESTO DIMOSTRA CHE SI TRATTA DI UNA BUFALA! Un piccolo dettaglio: secondo voi, un poliziotto che si sente in faccia il click di un percussore, con la possibilità vicina al 100% che il killer scarrelli di nuovo e spari, si limita a sparare in aria? MA CHI CREDONO DI PRENDERE PER IL CULO? CHIEDETE A QUALSIASI ARMAIOLO E SPIEGATEGLI COSA RACCONTANO QUESTI COGLIONI E POI SENTITE COSA VI SPIEGA, PRENDENDO FIATO TRA UNO SGHIGNAZZIO E L'ALTRO!
3) LE RICOSTRUZIONI DISCORDANTI DELL'ASSURDO E PRESUNTO ATTENTATO
LA PRIMA VERSIONE. Quella di Libero, quella di Maurizio Belpietro. Quella delle testate vicine al Presidente del Consiglio Silvio Berlusconi. Sono circa le 11 di sera. Il Direttore viene accompagnato fin sulla porta di casa dal solito agente di scorta. Poi entra. A Repubblica afferma: “Ero già entrato in casa ma non avevo ancora chiuso la porta. Appena ho sentito uno sparo, seguito da altri due, ho capito che stava accadendo qualcosa di grave. Mi sono girato d’istinto e ho visto il poliziotto prima ripararsi dietro a un angolo, e poi partire all’inseguimento di quel malvivente lungo le scale“. A Mattino 5 (video sopra), descrive la dinamica in maniera completamente diversa: “Il tempo di entrare in casa e chiudermi la porta dietro le spalle (fa anche il gesto con la mano) quando ho sentito 3 colpi di pistola e ho capito che era successo qualche cosa“. Anche La Stampa opta per “la porta chiusa dietro le spalle“. Prima incongruenza. Ritorniamo al racconto. Siamo allo scontro a fuoco. L’agente stavolta preferisce scendere per le scale – a dispetto delle abitudini, per potersi fumare una sigaretta – e dopo alcuni gradini si imbatte nell’attentatore: “che indossa una finta divisa da Finanziere” (Il Giornale), e che tenta di farlo fuori, subito. Mira alla testa, spara con un’arma “simile ad una Beretta“. Non c’è dubbio, lo fa “per uccidere“, scrivono su Libero. Per fortuna la pistola si “inceppa“, fa click. A vuoto. L’agente risponde prontamente al fuoco – stavolta con tre colpi veri – senza riuscire a colpire il potenziale killer: “non ci sono tracce (di sangue) nel giroscala“, confermano Cervo e Borgonovo. L’attentatore scappa all’impazzata, probabilmente servendosi di un’uscita secondaria, riuscendo così a dileguarsi e ad eludere gli altri agenti di scorta, presenti fuori dal palazzo. Belpietro è amareggiato, parla di clima d’odio, “basta leggere certi siti internet con minacce di morte a me e alla mia scorta“. Insomma, sta pagando “per le sue idee“, non è un caso che gli unici giornalisti ad avere una scorta siano quelli di “area moderata“, come lui, “Fede e Feltri“. “Non capisco perché io debba essere condannato a morte“, conclude Belpietro, mentre già si punta il dito sui soliti mandanti morali, Facebook e Di Pietro, tanto per cominciare.
LA SECONDA VERSIONE. La ricostruzione di Repubblica – che credo si basi sul racconto degli agenti – è più soft (ovviamente l’accaduto rimane grave, ci mancherebbe). In realtà non c’è stata nessuna sparatoria. L’arma del presunto attentatore potrebbe essere stata in realtà una pistola giocattolo. Libero, Il Giornale, Tgcom ed Il Tempo non prendono nemmeno in considerazione questa ipotesi, le parole d’ordine sono “Attentato“, “Beretta” e “Scontro a fuoco“, pochi condizionali e tante certezze. Inoltre l’agente di scorta ha sì sparato, ma non contro il malintenzionato. Tre colpi in aria. Due subito, uno un po’ dopo. Una reazione particolarmente docile, nei confronti di un uomo che ti avrebbe volentieri fatto la pelle. Strano anche il fatto che l’attentatore sia fuggito così facilmente, gli agenti di scorta sono professionisti particolarmente preparati. La reazione del poliziotto non è insomma ben chiara. Altro punto incerto: il fuggitivo non era “travestito da finanziere“, ma aveva una camicia che “potrebbe ricordare quella di una divisa da finanziere“, o meglio, si parla già di “una camicia grigio-verde che copriva anche parte dei pantaloni“. Sotto, “i pantaloni di una tuta“, tipo Adidas, bianca con righe nere. Insomma, potrebbe anche trattarsi di un semplice rapinatore, o di uno squilibrato, e non è certo che fosse mosso da ragioni di “odio politico“, motivazione immediatamente sbraitata da molti media.
Fonte:ControInformAzione Alternativa
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