IL CASO
Il writer Daniele Nicolosi, in arte Bros, è imputato per imbrattamento in relazione ad alcuni graffiti
Il vicesindaco De Corato: "L'artisticità di questi personaggi non di può tradurre nella loro impunità"
100COSECOSI: " Un coglione anche se vestito da assessore resta sempre un coglione,se poi si chiama De Corato... "
Due articoli sulla sua arte, un'intervista a Vittorio Sgarbi, due pagine web sulle sue mostre e un catalogo delle sue opere. Sono le prove presentate dalla difesa del writer Daniele Nicolosi, in arte Bros, nel processo in cui è imputato a Milano per imbrattamento in relazione ad alcuni graffiti, "per dimostrare - come ha spiegato il suo avvocato - che si tratta di opere d'arte e non di imbrattamento".VOTA IL SONDAGGIO Artisti o imbrattatori?
In aula il giudice monocratico Guido Piffer, della sesta sezione penale, ha respinto alcune eccezioni presentate dalla difesa. Poi è toccato alle parti presentare le loro richieste di prova. Il pm ha citato come testimone un agente delle polizia locale, mentre l'avvocato Maria Rosa Sala, che rappresenta il Comune di Milano (costituitosi parte civile), ha presentato una relazione che contiene i costi sostenuti dalla amministrazione, circa 8mila euro, per ripulire i graffiti di Bros.
FOTO Le opere di Bros / Bros nell'aula del tribunale
Il giovane, uno dei principali esponenti della Street art italiana, è accusato di avere imbrattato nel 2007 la sede di una società (per questo episodio però è stata rimessa la querela), la pensilina di una fermata della metro e le mura del carcere di San Vittore. Il suo legale, l'avvocato Guido Chiarloni, ha presentato invece tutti i documenti e articoli che dimostrano il suo lavoro artistico. "Prendo questo processo come una cosa seria e per questo mi sono vestito anche con un abbigliamento consono", ha spiegato Bros uscendo dall'aula. Il writer ha parlato inoltre della "battaglia che sta conducendo contro di noi il Comune ", che ha bloccato "tanti progetti che potevano riguardare il mondo della Street art".
Bros ha anche citato un altro episodio: il prete di una parrocchia in Toscana si è messo in contatto con lui chiedendogli di dipingere con i suoi graffiti gli interni e gli esterni della chiesa. Il progetto, come ha aggiunto il giovane, "non è ancora partito perché il prete deve avere ovviamente prima l'assenso della Curia e dunque si possono prevedere tempi lunghi". Bros ha spiegato inoltre che si tratta di una chiesa costruita dopo gli anni Sessanta e che non ricade quindi nella tutela del patrimonio artistico e culturale.
Di diverso avviso il vicesindaco di Milano, Riccardo De Corato, che affida a un comunicato il proprio punto di vista: "Il caso Bros è stata la molla mediatica per accendere un fuorviante dibattito sulla presunta artisticità dei writer, che molti vorrebbero erroneamente tradurre in impunità all'imbrattamento. La prima questione è invece la tutela della proprietà, che è difesa anche dalla Costituzione. Chi fa tags o graffiti su edifici pubblici o privati senza alcuna autorizzazione commette una violenza. E deve rispondere all'articolo 639 del codice penale, oltre che risarcire per il danno materiale ed eventualmente d'immagine. La Street art non è una medicina prescritta dal medico. Il cittadino ha tutto il diritto di non volerla a casa propria". Il processo proseguirà il prossimo 12 luglio, quando, dopo l'esame del teste e la discussione delle parti, potrebbe arrivare la sentenza.
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