I ragazzi hanno ammesso lo stupro e si sono detti pentiti. Ammissione e pentimento grazie al quale hanno ottenuto la "messa in prova": nei prossimi due anni gli otto saranno affidati ai servizi sociali dell'amministrazione della giustizia che, in collaborazione con i servizi del comune di Montalto di Castro, li sottoporranno a un programma di osservazione, sostegno e controllo. Se l'esito sarà positivo, il tribunale dei minori potrà dichiarare estinto il reato.
La decisione del tribunale dello scorso 17 ottobre è stata commentata con parole di sdegno sia da parte di esponenti di centrodestra che di centrosinistra.
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Ecco l'Italia profonda che esce dal pantano in cui l'ha relegata la politica,la scuola,l'economia,la pseudo cultura "cristicola" prontissima a condannare la vittima,la stuprata e a lanciarsi genererosamente in soccorso del giovane sedotto da un comportamento poco "consono" alle circostanze,provocato,la classica "ragazzata" a cui bisogna guardare con indulgenza pensando all'avvenire dei giovani.
Commentano il post a cui aggiungo poco perchè poco c'è da aggiungere a tanto l'orrore,lo schifo è evidente,eclatante,tanto da lasciare perplessi,ci si interroga su che tipo di paese sia questo dove possono accadere delle cose cosi,dal fatto in se alla sentenza estremamente benevola a quella banda di scellerati,parenti che non ci stanno a nascondersi dietro la vergogna di cui li hanno ricoperti i figli e danno addosso alla vittima accampando tutto quello scontato corollario di accuse e giustificazioni sino infine al "giustizia è stata fatta e basta!".
Ho detto la Scuola e non tanto per buttarla li,perchè è la prima responsabile di quanto è avvenuto,i giovani che si sono abbandonati al branco ed alle sue gesta realmente non sapevano quello che stavano facendo,realmente credevano di partecipare a qualcosa di...lecito,passabile,ammissibile perchè intorno alla vittima era stesa una aura diffusa ad arte dal paese intero comari comprese!
Ma la finisco qui,ne avrei da dire anche perchè riuscii trenta anni fà a sventare la prosecuzione dello stupro di gruppo nei confronti di una handicapata (un lieve ritardo mentale) accompagnai la madre distrutta a fare denuncia con le dichiarazioni di un piccolissimo stupratore 12 anni!
La denuncia venne respinta dai Carabinieri,la lista degli stupratori tra cui 8 minori e degli adulti gettata nel cestino della spazzatura,a scandalo scoppiato la scuola si defilo immediatamente anche se molti dei fatti avvennero nel recinto scolastico,si scateno il linciaggio verso la povera madre e il padre di una bambina deliziosa e ciliegina sulla torta uno degli stupratori due mesi dopo al compimento dei 18 anni entra nell'Arma dei Carabinieri sollecitamente raccomandato dal maresciallo nonnostante sapesse!
Da allora la bambina non è piu uscita di casa,la morte civile mentre i suoi stupratori passeggiano imperterriti a testa alta per il paese steso sulle sabbie di una ridente località ligure,Il SecoloXIX ne fece una cronaca a firma Rembado e quando il fatto divenne troppo per la reputazione del paese ad un tratto calo il velo del silenzio.
Ana Mendieta
Ana Mendieta è una delle prime artiste latino-americane ad avere un ruolo significativo a New York negli anni ''70. Ed ora New York le dedica una grande retrospettiva Ana Mendieta: Earth Body, Sculpture and Performance 1972 -1985.
Mendieta nasce a L'Avana (Cuba) nel 1948. Ha un'infanzia felice, ma nel 1961 lei e la sorella Raquelin vengono sradicate e portate negli Stati Uniti, all'interno dell'operazione Peter Pan, un piano anticomunista per " salvare" i bambini cubani all'indomani della rivoluzione castrista. Inizia così un pellegrinaggio da un campo di rifugiati ad un orfanotrofio, o in famiglie adottive, che le procurerà una grave depressione.
Negli Stati Uniti sperimenta la vita quotidiana come cittadina di seconda classe.Tornerà a Cuba solo nel 1980, diciotto anni dopo il suo traumatico esilio. Nei successivi tre anni riuscirà a sviluppare stretti legami con la comunità di artisti emergenti entrando in contatto con la ricca tradizione Afro-Cubana. L'artista ha avuto un grande ruolo nello scambio culturale tra Cuba e il Nord America e fino ad oggi rimane l'unica cubana espatriata negli Stati Uniti ad aver partecipato a mostre nazionali a Cuba.
Negli anni ' 70 frequenta un programma presso l'Iowa State University, considerato in quel momento uno fra i più interessanti luoghi d'avanguardia artistica.
Durante questo periodo, decisivo nella sua vita creativa, avviene la scelta radicale di passare dal lavoro pittorico alle performances :" Nel 1972 realizzai che i miei dipinti non erano abbastanza reali per quello che io volevo comunicare con le immagini e per reali intendo il fatto che le mie immagini dovessero avere potere, essere magiche: questo fu il punto di svolta nella mia arte."
Mendieta fa una propria sintesi di tendenze dell'arte contemporanea come la Body Art e la Land Art. Abbracciando gli ideali del femminismo, sovverte i gesti monumentali dei land-artisti inserendo nel paesaggio la dimensione del corpo umano.
L'esclusione dal mondo dell'arte degli artisti di etnie diverse e delle donne, porta Mendieta a rivendicare in modo forte la propria identità trans-culturale. L'artista, nei suoi lavori, prende a prestito simboli e aspetti di pratiche rituali di antiche culture indigene delle Americhe, Africa ed Europa e vi incorpora elementi della natura e di riti sacrificali "primitivi" associati alla "santeria cubana".
Crea "siluetas"usando sangue, acqua, terra e fuoco; giocando sulla presenza e assenza percettibile del proprio corpo femminile. Usa materie deperibili per trattare i grandi temi della sua arte, come la morte, il desiderio e la rigenerazione. La sua ricerca artistica nel seguire e sperimentare nuovi generi non è casuale, ma è stimolata da un impulso a curare le proprie lacerazioni, è una forma di resistenza contro la morte affettiva e culturale del suo essere orfana ed esiliata.
Le sagome effimere del suo corpo vengono bruciate nel legno, segnate con il sangue, modellate con tumuli di terra, erba, polvere da sparo o fiori; galleggiano sulla corrente, eruttano come vulcani o si confondono con il paesaggio.
Così scrive Arianna De Genova delle opere di Mendieta in mostra a Roma nel febbraio 2004: "Un corpo incrostato di fango se ne sta tra le foglie, invischiato nella melma della palude. E' un corpo di donna, nudo ma appena percettibile in quello stagnare della natura. La visceralità del lavoro artistico di Ana Mendieta, cubana cresciuta a New York, morta giovanissima (nel 1985 cadde dal 35° piano dell'appartamento dove abitava ) dopo aver realizzato 70 tra cortometraggi, super8 e videotapes, è qualcosa che disturba lo spettatore. Ha a che fare con temi che spiazzano, come i riti della santeria o la lacerazione dello sradicamento dalla propria storia. E il body dell'artista, sempre e solo "impronta" magica, diventa elemento primario tra gli altri, terra con la terra, acqua con l'acqua, sangue col sangue. Si disidentifica tornando alla sua fisicità primordiale, energia pura. "
Altre opere sono fotografie di performances. C'è una serie di immagini della messa in scena di uno stupro (1973), in cui Mendieta stessa è nei panni della vittima. Vuole così regire artisticamente allo stupro e assassinio di una studentessa avvenuto nel campus. Invita a casa sua degli amici che, entrando dalla porta semiaperta, la vedono nella penombra: solo una luce illumina la tavola dove lei è riversa, nuda dalla vita in giù ed insanguinata. Per terra ci sono piatti rotti e macchie di sangue. Mendieta rimane immobile per un'ora, mentre i suoi "invitati", turbati, commentano la scena. Il tutto viene ripreso nel servizio fotografico, così le reazioni del pubblico entrano nell'"opera".
Al suo ritorno a Cuba crea le "Sculture rupestri" (1981), una serie di figure semiastratte scavate nella roccia tenera delle cave nel Parco Jaruco, alla periferia de L'Avana. L'artista da' loro nomi di antiche dee adorate dai Taino, un popolo indigeno dell'isola. Tracce di queste sculture e di una foglia dipinta rimangono, come fragile ricordo dell'artista, in un museo a L'Avana.
Nel 1985 l'artista muore cadendo dal 35° piano in circostanze mai chiarite.
Carolee Schneemann, una delle prime artiste femministe, dice: " Vedo la sua morte come parte di una negazione del femminile. Come una grande metafora ci dice che non dobbiamo desiderare la profondità dell'erotismo femminile, la natura, la dedizione, la fusione. E' troppo corporeo. Troppo sacro. In una parola, la sua morte ha anche un significato simbolico. Muore qualcosa di più di Ana, quando lei muore."
L'arte di Ana Mendieta, anche se profondamente radicata nella sua esperienza personale, rivela infatti un desiderio appassionato di collegarsi a un'eredità umana più vasta e collettiva.
La sua opera continua ad ispirare i lavori di giovani artisti nel mondo.
Dal 1 luglio 2004 all' Whitney Museum of American Art di New York
Hirshhorn Museum and Sculpture Garden, Washington DC.
Lo stesso museo ha pubblicato uno splendido catalogo: Ana Mendieta - Earth Body che è entrato nell'archivio di Oltreluna.
Alcuni commenti
- Carnefici che si trasformano in vittime e il popolo ignorante e moralista a giudicare l'unica vera vittima. Si vergognino le "donne" (virgolettato perché da donna mi dissocio da simili esseri infami) che difendono simili bestie. Si vergognino anche i padri per il semplice fatto di aver allevato e difeso simili animali. Si vergogni il sindaco di quella cloaca che si ostina a chiamare "comune" per il fatto di voler difendere simile feccia umana. Si vergognino dal basso della loro anima putrida coloro che dovrebbero rappresentare istituzioni e coloro che dovrebbero far rispettare le leggi. Si vergognino perché ogni giorno fomentano odio e ignoranza in un paese in cui odio e ignoranza soffocano qualsiasi tentativo da parte di cittadini onesti di risorgere dalla melma in cui ci hanno (e ci siamo in parte) volutamente immersi. Vergogna a questa sottospecie di esponenti del giornalismo italiota, o forse è il caso di definirli giornalai, che pur di fare audience si rendono partecipi di una ulteriore violenza ai danni dell'unica vittima in questione. Ma dove è finita quella carità cristiana che si vantano di avere i miei connazionali? Intendono questo per carità cristiana? Ossia rovinare non una, ma mille volte la vita di una ragazzina? Sono questi i milioni di cattolici di cui si vanta l'istituzione millenaria più marcia che sia mai esistita e che ha fomentato anche essa odio e ignoranza? Qualcuno si è chiesto che futuro avrà questa povera ragazza? Ve lo dico io, non per supposizione, ma per esperienza: verrà additata come "puttana" e non come vittima. Nessuno la vorrà frequentare, perché è una "puttana" e in quanto tale è da evitare. Vedrà i suoi carnefici tutti i santi giorni per le strade del paese. Li vedrà vivere una vita normale, mentre lei morirà dentro di solitudine, di umiliazione, di emarginazione. Vedrà i suoi carnefici trovare lavoro, costruirsi una famiglia, mentre lei rimarrà una "puttana" che ha provocato e ha meritato quanto le è stato fatto. Spero dal profondo del mio cuore che questa ragazza riesca a trovare il coraggio di andare via da quel paese quando ne avrà la forza. Spero dal profondo del mio cuore che qualcosa possa ancora cambiare in questo paese, affinché l'ignoranza smetta di mietere vittime innocenti. Italionibravagente
- ieri ho visto tutto lo spaccato del programma, Sgarbi ha fatto la solita figura del pazzo e ha appoggiato gli stupratori. Comunque montalto sarebbe un paesino carino, ci sono stata tempo fà e pensavo che poteva essere un buon posto per le ferie. poi è successo il fattaccio e ho pensato che sarebbe bene fare tabula rasa e lasciarli bollire nel loro brodo, magari potrebbero costruire una bella moschea x i montaltesi. Alcuni conoscenti che ci sono andati in ferie con i gruppi anziani orgamizzati dal comune mi hanno riferito di comportamenti sconcertanti nei vari hotel.
- Sono io che ringrazio te per aver pubblicato il tuo post. Ti devo ringraziare per aver ricordato e soprattutto per aver notato un fatto gravissimo, ossia quanta ingiustizia e umiliazione siano costrette a subire le donne vittime di stupro e di violenza in genere nel nostro paese. Sono migliaia le vittime e sono migliaia anche i casi di cui non verremo mai a sapere nulla. Già, perché molte donne vittime di stupro si sentono abbandonate da chi le dovrebbe aiutare e spesso vengono condannate anche dai propri familiari. Molte non reggono alle umiliazioni alle quali vengono esposte e sottoposte, durante e dopo lo stupro. Sembra assurdo detto così, ma ti assicuro che purtroppo è la verità. Uno stupro ti segna per sempre. Non può essere cancellato o dimenticato. E' come una cicatrice dolorosa che ti porti addosso per il resto della tua vita. Molte con l'aiuto di persone amorevoli e competenti riescono a riprendere una vita normale. Altre purtroppo non ci riescono. Con tutto ciò che quel "non ci riescono" comporta. Non auguro a nessuna madre di vedere gli occhi spenti della propria figlia che ha subito violenza. Non lo auguro nemmeno a quelle madri che nel difendere delle bestie, si sono rese complici dello stupro.
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