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mercoledì 5 gennaio 2011

L'occhio di Boogie, signore dei "Demoni"


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In giro per il mondo ha molti ammiratori. Non solo per la sua capacità tecnica, ma per il modo con cui riesce a raccontare le storie. Preciso, diretto, mai banale e, soprattutto, senza paura di mostrare le cose per quelle che sono. Senza la mediazione che spesso viene utilizzata per esprimere un concetto, un punto di vista, una modalità narrativa. Con lui si va in strada e si è "costretti" a guardare. Ed è un bianco e nero che fa male al cuore ma aiuta l'occhio a capire cosa ci circonda. Che siano gang, homeless, uomini sfatti, anziani o pezzi di città nel mondo. Di questo artista ci siamo già occupati nel corso degli ultimi anni in due occasioni.  Nato e cresciuto a Belgrado, Serbia, Vladimir Milivojevich (in arte Boogie) inizia la sua carriera di fotografo documentando le rivolte e gli scontri durante la guerra civile che ha distrutto il suo paese durante gli anni '90, periodo in cui inizia la propria ricerca poetica attorno al lato oscuro dell'esistenza umana. Nel 1998 si trasferice a New York dove tuttora vive, nel quartiere di Brooklin. Ha pubblicato cinque monografie It's All Good (PowerHouse Books, 2006), Boogie (PowerHouse Books, 2007), Sao Paulo (Upper Playground, 2008), Istanbul (Upper Playground, 2008) e Belgrade Belongs To Me (PowerHouse Books, 2008). E' l'autore di campagne publicitarie per grandi marchi come Nike e Lee mentre i suoi servizi fotografici sono stati pubblicati da giornali e riviste conosciute a livello internazionale. Le sue recenti mostre personali includono Parigi, New York, Tokio, Istanbul. Boogie torna ora con una nuova serie intitolata Demons. Ma poichè nulla è lasciato al caso, Boogie prova ad intraprendere un'altra strada quella porta indietro nel tempo: il collodio umido, tecnica con la quale si indicano quei procedimenti fotografici storici che utilizzavano il collodio come "legante" per emulsioni fotosensibili. Si tratta dell'ambrotipo, inventato da Frederick Scott Archer nel 1852 e del ferrotipo, introdotto da Hamilton Smith nel 1856. Il termine "umido" veniva utilizzato perché in questi processi i supporti fotosensibili dovevano essere esposti quand'erano ancora umidi, cioè appena preparati. E per l'occasione è stata utilizzata una macchina fotografica in legno a soffietto con il panno nero per coprire la testa durante lo scatto. Spiega Boogie: "Ho mischiato sostanze che si erano accumulate nel corso degli anni nella mia cantina. Mi sono sentito come un alchimista ed ho trovato questa tecnica davvero incredibile...". Come incredibili sono i Demons di questa galleria. Volti che sembrano uscire da storie antiche, quasi fossero davvero demoni raccontati dalla letteratura. Senza tempo, sempre attuali. Proprio come le storie di Boogie
Leonard

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