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lunedì 17 gennaio 2011

Alessandro Meluzzi Il massone «in sonno» che ha trovato la fede in sala vip


Il massone «in sonno» che ha trovato
la fede in sala vip
Psichiatra, si divide fra la vocazione da diacono e la partecipazione in tv. «Prendo 200 euro a puntata ma porto il messaggio di Cristo»
 


ROMA — La folgorazione per don Gelmini
lo colpì senza preavviso nella sala vip di Fiumicino tra un mucchio di altri parlamentari in trasferta: «Ero reduce da una di quelle malinconiche serate al Gilda, il mio fervore spirituale allora era al suo minimo, eppure dopo qualche minuto mi inginocchiai davanti a lui chiedendogli di confessarmi mentre i colleghi mi guardavano pensando che fossi uscito di testa». Era il 1994 e Alessandro Meluzzi, 52 anni, frangia, barba e baffi sale e pepe, psichiatra, fratino e seminarista mancato, inviato sull’«Isola dei Famosi 4» a rinfrancare l’anima dei naufraghi, oggi aspirante diacono, era anche fresco di prima legislatura nell’anno di massima grazia di Forza Italia, 385 voti di scarto rifilati al compagno Sergio Chiamparino nel collegio operaio di Mirafiori Sud.
Da allora Meluzzi è stato molte volte ex (specie in politica: ex comunista, ex socialista, ex azzurro, ex onorevole ed ex senatore, ex cossighiano, un passaggino tra i Verdi) ma a don Pierino è rimasto fedele per sempre. Ha anche lui la sua piccola comunità di 8 cascine nel Monferrato. Agape, si prende cura di 45 pazienti psichiatrici. In questo momentaccio giudiziario («Siamo nel giardino della Passione») a don Pierino fa anche da (indaffarato) portavoce. Costretto a virtuosismi lessicali quando deve spiegare, lui massone dichiarato iscritto alla Loggia Ausonia, che «don Pierino ha usato il termine lobby massonica non come nome proprio ma come nome comune, intendeva un ambiente politico e culturale radical chic americano che contrasta la Chiesa. Da parte sua non c’è alcuna ostilità nei confronti della Massoneria e viceversa. Lui parlava con la schiettezza dei profeti, è ingenuo, semplice».
Ora che è ospite fisso all’«Italia sul Due» («Prendo 200 euro lordi a puntata, però riesco a portare messaggi di Cristo in un ambiente lievemanon fesso »), pubblica saggi e romanzi («Il soffio della vita») per la casa editrice dei carmelitani, studia da diacono per la chiesa greco melchita cattolica e perciò ha preso un dottorato in Filosofia mistica, Meluzzi, che si è avvicinato al Grande Oriente nel 1982 «quando i massoni erano perseguitati e vittime di pregiudizi come i socialisti» dovrà mollare la loggia. Ovvero «andrà in sonno», così si dice. «Lo annunciai un anno fa ad una pubblica riunione a Massa Marittima, lì ci sono più massoni che abitanti. Piangevano tutti. Io sono sereno: per me sarà un abbraccio totale della Croce di Cristo».
Intanto prepara il Gelmini Day di Ferragosto dalla «casetta di famiglia » a Rimini con moglie (Maria, peruviana), la figlia Aracoeli («Sono devoto del Bambinello rubato») e 4 nipoti tra i 9 e i 15 anni che scarrozza tra spiagge e rotonde sulmare. Villeggiatura monacale: sveglia alle 6.30, messa dai salesiani, passeggiatina in spiaggia, qualche bagno, scrittura e letture. Massimo peccato di gola una piadina che si cucina da solo: «Acqua, farina e olio, niente strutto, l’ho imparato da mamma e zia. Faccio in casa pure le tagliatelle, il segreto è lasciarle essiccare bene così il condimento attacca». In discoteca non ci va più da un pezzo. «Ma credetemi, le serate degli onorevoli sono molto poco dissolute. Quel pover’uomo di Cosimo Mele è stato vittima di sé e delle circostanze. Nessuna giustificazione per la colpa, maperdono per il peccatore ».
Lui ai tempi dice che passò indenne. «Roma è città tentacolare, ma non è Babilonia. Certo le tentazioni ci sono e per un uomo ritrovarsi solo in certe serate romane richiede compattezza d’animo». Il suo, prima che con gli esercizi spirituali, se l’è compattato con 12 anni di Pci e Fgci e le riunioni del comitato centrale a via della Vite con D’Alema, Mussi e Veltroni. «Massimo era il più giganteggiante, togliattiano puro, Walter più lieve, da terrazza romana e cenacolo di intellettuali». Meluzzi portava sul petto una sua medaglia: «Durante un’assemblea di Autonomia operaia nel ’77 fui sprangato con chiavi inglesi, questo mi garantì una certa credibilità».
                              Giovanna Cavalli

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